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11
dicembre 2008
fino al 30.XII.2008 César Meneghetti Roma, Mlac
roma
“Benvenuti a Keita. Questo è un laboratorio, quindi date libero corso alla vostra fantasia”. Storie a colori, lì dove il deserto avanza. Un diario sul senso della vita. E sulla sfida quotidiana alla sopravvivenza...
K_lab. Interacting on the reality interface è fotografia, cinema, video, musica, letteratura, filosofia, sociologia. C’è proprio tutto in questo contenitore di arte e vita. C’è l’anima, prima di tutto, e l’orgoglio, la fatica, la sfida. Una visione caleidoscopica del quotidiano in un villaggio del Niger, Keita, inglobato dal Sahel.
Leitmotiv è il colore che oscilla dal giallo al rosso della terra, delle case e delle cipolle, che fanno di Keita uno dei maggiori centri di produzione del Paese. In questo “laboratorio a cielo aperto” sono soprattutto le donne a sfamare le famiglie con il proprio lavoro.
Dal 1984 il villaggio è supportato da varie istituzioni internazionali, tra cui la Cooperazione italiana, promotrice anche del progetto Pafage, che nel 2007 ha coinvolto il film-maker César Meneghetti, il fotografo Enrico Blasi e il videoreporter Sam Cole, con i quali ha interagito Matthew Mountford, sound designer.
Il racconto prende vita proprio all’interno di una sonorità che è elettronica e tribale: Mountford sintetizza e rielabora la musica tradizionale di alcune etnie. In mezzo al silenzio degli sguardi, frammenti di parole in hausa, francese, italiano. Hadjara Kader, 36 anni, sarta; Balkissa, 11, alunna; Ibrahim Ousseine, 40, agricoltore. La gente racconta di sé: c’è chi parla dell’amore, di dio. La giovane rapper ZM (Zara Moussa), attivista nella lotta all’Aids, parla di Jean Rouch, padre della Nouvelle Vague, autore di La chasse au lion à l’arc (1965), che in Niger è morto tragicamente nel 2004. Meneghetti rende omaggio alla sua figura con una delle sue “videocabine”.
Cole si concentra sui dettagli, partendo dall’orizzonte sconfinato (che in Africa è come il tempo: dilatato), e si sofferma sulla gestualità. Immagine ricorrente è la zappa che intacca il suolo, diramando una texture di crepe. Sui volti, invece, si concentra Blasi con i suoi ritratti fotografici e Meneghetti con le riprese video. Dentro e fuori. All’interno della sala inferiore del Mlac è stata creata una sorta di camera oscura. Una scatola dalle pareti di tessuto scuro, dove sono proiettate le interviste. Primi piani con uno sfondo sempre uguale, il muro di fango delle abitazioni. Occhi scuri, penetranti.
Blasi porta la natura nell’allestimento. Ogni fotografia è appuntata al pannello con ramoscelli di arbusti spinosi, quelli che popolano il deserto. Un block notes è appeso a uno spago, insieme alla biro. Chiunque può scrivere un pensiero, contribuendo al repertorio di citazioni dei vari Voltaire, Lebowitz… John Lennon scrive: “Tutto è luminoso quando si è innamorati”.
Leitmotiv è il colore che oscilla dal giallo al rosso della terra, delle case e delle cipolle, che fanno di Keita uno dei maggiori centri di produzione del Paese. In questo “laboratorio a cielo aperto” sono soprattutto le donne a sfamare le famiglie con il proprio lavoro.
Dal 1984 il villaggio è supportato da varie istituzioni internazionali, tra cui la Cooperazione italiana, promotrice anche del progetto Pafage, che nel 2007 ha coinvolto il film-maker César Meneghetti, il fotografo Enrico Blasi e il videoreporter Sam Cole, con i quali ha interagito Matthew Mountford, sound designer.
Il racconto prende vita proprio all’interno di una sonorità che è elettronica e tribale: Mountford sintetizza e rielabora la musica tradizionale di alcune etnie. In mezzo al silenzio degli sguardi, frammenti di parole in hausa, francese, italiano. Hadjara Kader, 36 anni, sarta; Balkissa, 11, alunna; Ibrahim Ousseine, 40, agricoltore. La gente racconta di sé: c’è chi parla dell’amore, di dio. La giovane rapper ZM (Zara Moussa), attivista nella lotta all’Aids, parla di Jean Rouch, padre della Nouvelle Vague, autore di La chasse au lion à l’arc (1965), che in Niger è morto tragicamente nel 2004. Meneghetti rende omaggio alla sua figura con una delle sue “videocabine”.
Cole si concentra sui dettagli, partendo dall’orizzonte sconfinato (che in Africa è come il tempo: dilatato), e si sofferma sulla gestualità. Immagine ricorrente è la zappa che intacca il suolo, diramando una texture di crepe. Sui volti, invece, si concentra Blasi con i suoi ritratti fotografici e Meneghetti con le riprese video. Dentro e fuori. All’interno della sala inferiore del Mlac è stata creata una sorta di camera oscura. Una scatola dalle pareti di tessuto scuro, dove sono proiettate le interviste. Primi piani con uno sfondo sempre uguale, il muro di fango delle abitazioni. Occhi scuri, penetranti.
Blasi porta la natura nell’allestimento. Ogni fotografia è appuntata al pannello con ramoscelli di arbusti spinosi, quelli che popolano il deserto. Un block notes è appeso a uno spago, insieme alla biro. Chiunque può scrivere un pensiero, contribuendo al repertorio di citazioni dei vari Voltaire, Lebowitz… John Lennon scrive: “Tutto è luminoso quando si è innamorati”.
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César Meneghetti – K_lab. Interacting on a reality interface
a cura di Simonetta Lux e Domenico Scudero
MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea
Piazzale Aldo Moro, 5 (Università La Sapienza) – 00185 Roma
Orario: da lunedì a venerdì ore 10-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0649910365; muslab@uniroma1.it; www.luxflux.org
[exibart]