Nella suggestione di Palazzo Taverna, la galleria impegna una fortunata commistione tra antico e contemporaneo. Nell’open space espositivo, messo in movimento dal gioco di arcate e nicchie laterali, quello che a prima vista sembra essere un’immersione di gusto antropologico alla scoperta di manufatti arcaici – piccole figure in bronzo in equilibrio plastico su piedistalli appositi – si rivela in realtà presidio all’ovvietà di un primo approccio.
Francesca Tulli (Roma, 1956) lavora sul presente e tende al futuro: i quattro gruppi di creature presenti richiamano spesso, anche nominalmente, la loro sostanza antropomorfica. Così i
Mutanti ricordano creature fantascientifiche, come i primi celebri mostri marini. I loro corpi sono tuttavia armi e i loro arti le rispettive impugnature (
Acuminato).
Nella serie
Arma Bianca, alla statua-strumento viene aggiunta una fotografia, alterata digitalmente, che riveste il supporto di legno: l’estetica arcaica sposa una dimensione che è anche tecnologica e strumentale. Ben venga l’affermazione di Tulli quando sostiene che le suddette sculture sono “
figurazioni di possibili futuri idoli“, parte di una “
nuova, futuribile mitologia“. L
a dimensione idolatrica è tale in
Acuminato, dove i bronzi infissi nei sostegni in acciaio e sabbia conservano, nell’equilibrio della posa e nell’imponenza dei plichi, un’aura di divinità dal sapore post-atomico.
I disegni preparatori mostrano tuttavia un ritorno all’umano, nell’evidenza del processo di creazione. La mano dell’artista plasma e immobilizza le sue figure in equilibri ascetici, preservandole dall’elemento distruttivo di cui sono presagio. Tanto nei pugnali quanto in
Combattimento, l’attenzione è posta sull’equilibrio delle forze, la tensione prima dell’offesa finale. Due uomini impegnati in una lotta corpo a corpo si fagocitano a vicenda, facendo perno l’uno sull’altro e amalgamandosi alla barra in ferro che, perdendo la sua originale funzione di supporto, la delega al complesso dell’opera stessa.
Un’analoga luce diffusa e la pacata atmosfera esplicano una coerenza espositiva alla Galleria Maniero, dove Tulli raddoppia un contributo artistico che dimostra il suo eclettismo. L’antico e il moderno tornano stavolta sulla bidimensionalità delle tele. La regolarità dei quadrati suggeriscono una fruizione scandita nel tempo come dai battiti di un orologio.
L’unica sala, anch’essa quadrata, mette in scena una simmetria degli spazi visivi, in cui le opere sembrano liberare quella terza dimensione che la scansione invece rende univoca. Alla tradizione di una pittura a olio, calda e compatta, fa da contraltare una scelta figurativa contemporanea. La pagina patinata di una rivista è riprodotta su tela e affiancata da orizzonti di apparente incoerenza. Abat-jour e mobilio sorpresi da angolazioni parziali, come fossero immortalati da un obiettivo fotografico.
Le prospettive multiple, gli equilibri tensivi, gli affiancamenti dissociativi comunicano nel complesso un senso di calore che disattende l’eventuale meccanismo straniante.