Il Goodfellas Record Store, storico negozio di dischi capitolino, ha inaugurato la sua nuova sede nell’ormai trendissimo Pigneto con una personale di Emiliano Cataldo, meglio noto come Stand nelle cronache anni Novanta del writing romano.
Smessi i panni da bomber e placati gli “eroici furori” dei blitz nel metrò, l’artista presenta alcuni lavori pittorici dall’inconfondibile allure urban. L’acrilico, su legno o tela, conserva la purezza timbrica dello spray, a cui associa una più intensa materialità. Campiture piatte, dai bordi tagliati di netto, assumono una consistenza smaltata, che provoca un forte impatto sinestetico: sembra, infatti, di annusare quell’odore acre di vernice, sprigionato da un tappino, o dalla scocca fiammante di un treno. Un odore che Stand si porta dentro, come archetipo adolescenziale, fonte inesauribile di stimoli creativi. Sensazione olfattiva che si traduce in colore, strumento idoneo a fissare la dissolvenza del ricordo, volatile proprio come lo spray.
L’inquadratura sghemba, di sottecchi, rivela un acume fulmineo, istantaneo, fotografico; uno sguardo addestrato all’oscurità, alla ricognizione veloce ed immediata. Per questo, le immagini continuano a macerare nella memoria: bruciate troppo rapidamente, necessitano di un metabolismo più lento. Allora, si concretizzano nella sostanza densa e palpabile del pigmento, per verificarne la realtà. Non sono, infatti, semplici divagazioni oniriche, ma frammenti di vita vissuta. La mostra è allestita come un ambiente privato, in cui tutto acquista una valenza simbolica: le fanzine, le t-shirt, i vecchi dischi di vinile… La scelta del luogo non è affatto casuale, ma si addice perfettamente alla mostra di Stand, in cui i quadri, indipendentemente dal soggetto, rivestono un chiaro contenuto autobiografico. Subway inside titola una delle opere più recenti (2004), svelando la persistenza del fascino metropolitano, nonostante l’aspirazione ad affermarsi nel sistema dell’arte ufficiale.
Qui Stand desidera farsi largo senza snaturarsi, o rinnegare le proprie radici. Al contrario, la sua è la dichiarazione spontanea di un writer che, dalle scorribande “on the street”, vuole trarre l’energia per approdare ad una più profonda maturità espressiva. Conservando sempre l’autenticità e la freschezza delle origini. In questo disegno s’intarsiano, come le tessere di un mosaico, le opere esposte, da Charles Bronson (2000) a I Fori Imperiali (2003), tracciando un percorso creativo, profondamente connesso con quello esistenziale.
maria egizia fiaschetti
mostra visitata il 19 dicembre 2004
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www.emilianocataldo.com
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