23 dicembre 2013

Fino al 31.I.2014 Il rituale del serpente Roma, Fondazione Pastificio Cerere

 
Gianni Politi ci invita al viaggio. La collettiva romana si avvale della forza di un progetto a cui hanno aderito artisti diversi tra loro. Che ne arricchiscono il senso -

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Questo progetto espositivo, il cui titolo cita la conferenza tenuta nel 1923 da Aby Warburg sul potere psichico delle immagini, è innanzitutto un viaggio. All’origine del progetto espositivo c’è la volontà, da parte del suo ideatore l’artista Gianni Politi, di creare una mitologia di immagini come tappe di un percorso privo di meta, concepito come il vagare in un mondo immaginifico e atemporale. 
Parte integrante del progetto è stata l’edizione, contestuale alla mostra, di un libro d’artista che raccoglie una serie di immagini liberamente selezionate dagli otto artisti in mostra e da otto curatori. La loro ricercata iconicità si stempera nell’intimità della scelta personale, i cui fili logici restano volutamente sconosciuti. Come per le opere in mostra, l’universalità delle immagini risiede nella propria missione, ovvero la loro intrinseca capacità di attrarre lo sguardo. Gli spazi della Fondazione Pastificio Cerere accolgono otto lavori come fossero monadi che raccontano la visione di ogni artista, ma che al tempo stesso dialogano fra loro grazie a un allestimento ben riuscito che riesce a legarli nonostante le differenze formali.
Il rituale del serpente, vista della mostra Fondazione Pastificio Cerere
L’opera di Andrea Dojmi è una scultura di cemento, ferro e vetro, un elemento architettonico disorientante, con cui l’artista indaga il rapporto tra l’ambiente e le suggestioni psicologiche che il lavoro suscita. Giulio Delvè riflette sulla comunicazione odierna e sulla gestualità che da essa deriva, come l’abbassamento dello sguardo sui dispositivi elettronici ormai parte integrante della nostra vita. 
Una rete metallica dilaniata e un paio di occhi rappresentano la rovina e il disfacimento psicologico dell’uomo contemporaneo. L’innaturalità del collocamento è parte integrante del lavoro di Matteo Nasini: un ricamo appoggiato sul pavimento. L’immagine della ricamatrice che, lavora ripiegata su se stessa è speculare con lo stesso tipo di atteggiamento a cui è obbligato lo spettatore dalla collocazione dell’opera. 
Il dittico di Renato Leotta, in cui figure astratte di gesso bianco si stagliano su un fondo celeste acquerellato, ci trasporta nella dimensione del viaggio. 
Il lavoro di Gianni Politi è l’esito del processo di recupero compiuto nei confronti dei materiali con cui produce la sua opera. L’intelaiatura di una serie di carte utilizzate nella sua pratica pittorica precedente e lasciate da Politi nel suo studio come scarti, compongono ora un paesaggio dell’anima, in cui il tempo come limite e punto di riferimento si è sublimato in qualcosa di nuovo, nell’atto creativo dell’artista che si relaziona con il concetto di eternità. Helena Hladilova&Namsal Siedlecki attuano un’operazione di recupero dell’identità originaria della materia. Questa relazione passato-presente si formalizza con una scultura la cui poetica è legata al tempo come flusso ininterrotto. In questo caso il passato si manifesta nel presente sotto forma di elmo di bronzo. 
La scultura di gomma di Lupo Borgonovo, formalmente a metà strada fra gioco e reperto archeologico, occupa perpendicolarmente lo spazio pendendo dall’alto in modo straniante. Sopra lo stipite della porta d’ingresso, l’opera di Alessandro Agudio sembra che osservi le opere esposte nella stanza. È una scultura emancipata dalla sua indeterminatezza funzionale grazie al gesto dell’artista, un segno nero che attraversa l’opera e la dota di una personalità, di un’anima. 
Marta Napoleoni
mostra visitata il 27 novembre 2013
dal 27 novembre 2013 al 31 gennaio 2014
Alessandro Agudio, Lupo Borgonovo, Giulio Delvè, Andrea Dojmi, Helena Hladilova&Namsal Siedlecki, Renato Leotta, Matteo Nasini, Gianni Politi
Fondazione Pastificio Cerere
Via degli Ausoni 7 – (00185) Roma
Orario: lunedì – venerdì, 15 – 19

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