In sottofondo risuona una melodia familiare, di quelle che si sono ascoltate mille e mille volte, ma che non tornano subito in mente. Una melodia che ricorda il passato, ma che non si riesce a inquadrare subito esattamente. È la colonna sonora della pellicola disneyana Pinocchio, quella dei titoli di testa che preannunciano un’atmosfera di magia. La musica parte, e stavolta non si tratta di quella stessa dimensione altra dalla realtà delle cose, quanto piuttosto di una riflessione critica proprio sullo stato reale delle cose.
Per il terzo episodio del ciclo c/o – an alternate correspondence la curatrice Marianne Derrien ha fatto incontrare gli artisti Per-Oskar Leu e Benjamin Tiven, il cui legame è cominciato due anni fa ai tempi dell’Indipendent Study Program al Whitney Museum di New York che li aveva visti collaborare a una pubblicazione a due voci sulla rivista online Triple Canopy. Per il terzo episodio di questo scambio di corrispondenza, che diventa luogo di incontro fra tematiche e stili, il confronto si sposta da un livello tecnico-formale a quello estetico-politico, nel tentativo di indagare le influenze culturali successive ai periodi di crisi politica a partire da immagini e documenti.
Cuore centrale del lavoro in mostra di Benjamin Tiven è l’installazione video Two devices, cui protagonisti sono due animali, l’asino (elemento cardine ripreso anche da Leu) e il gabbiano. Se il primo porta a fatica il peso di un carico di esplosivo, il gabbiano in questione è il meccanismo elettronico mezzo a punto dall’esercito americano apparentemente con obiettivi totalmente benigne. Il riferimento è al drone, arma autonoma che il filosofo Grégoire Chamayou associa al mondo dell’artificialità di superficie tipico dell’era hollywoodiana per eccellenza. In War Architecture l’artista riflette sulle architetture in grado di deformare le immagini spaziali.
L’esigenza impellente può riassumersi nel titolo dell’installazione di Per-Oskar Leu, In Praise of Learning, un desiderio di conoscenza che si fa necessità di quella verità che la politica e la società stessa tendono ad infangare. Nel suo lavoro, che prende le fila dalla poesia di Bertold Brecht, l’artista riflette sul tentativo di Hollywood di allontanare i film degli anni Quaranta e Cinquanta da un’eventuale associazione con ideologie politiche contemporanee al periodo. Simbolo per Tiven dell’esercito americano, in Leu l’asino (nelle fattezze del famoso protagonista di Pinocchio), ricalca fino a cancellarle le pagine dei quotidiani americani. L’asino diventa simbolo di quel continuo tentativo da parte del capitalismo di produrre nuove forme di assoggettamento.
Alessandra Caldarelli
mostra visitata il 4 dicembre 2014
Dal 27 novembre 2014 al 31 gennaio 2015
c/o – an alternate correspondence
Benjamin Tiven, Per-Oskar Leu
1/9unosunove
Via degli Specchi, 20 – Roma
Orari: martedì – venerdì 11.00 – 19.00, sabato 15.00 – 19.00 (o su appuntamento)