Sotto il segno del caos si apre la quarta personale di Massimo Bartolini presso gli spazi di Magazzino. Il fil rouge che unisce i suoi nuovi lavori è infatti il “caos in terra”, un caos sistematizzabile, ritraibile e, in definitiva, adorabile.
La sostanza intellettuale di cui si nutrono le opere di Bartolini, nasce in parte da quel gran potere di fascinazione che ha la dialettica caos-ordine, poli entro i quali esiste il nostro mondo, e che per certe teorie scientifiche non sono nemmeno così tanto lontani. L’artista, come sempre, utilizza le tecniche e i materiali più vari.
Nella prima sala sono allestite le trenta fotografie della serie 20 ottobre, 26 novembre, in cui sono ritratte trenta capanne da lui costruite lungo la riva del mare toscano – Cecina è la città natale dell’artista, in cui vive – con rami portati dalle onde, e quindi strutturando il caos naturale in architettura.
Un attimo per riflettere e si è richiamati negli altri ambienti della galleria da strane voci: si tratta di Bets Machine, anomala roulette sinestetica. Cinque plafoniere, diverse per forma e colore della luce, si accendono e spengono a turno, ciascuna a tempo con una vocale recitata in un tono monocorde. Chiaro il riferimento alle vocali colorate di Rimbaud, ma il punto risolutivo è il finale di ogni serie, casuale e imprevedibile.
Di fronte, Corrimano ci impedisce di accedere allo spazio in cui è esposto il disegno monumentale 273 ore. Corrimano ha la forma di un lungo cordone argenteo composto da quattro corde ritorte, le cui estremità sono chiuse da bocchini di tromba da un lato e dall’altro da conchiglie spiraliformi – le conchiglie erano usate anticamente come strumenti a fiato – suggerendo così una funzione di assurdo strumento musicale. Torna la dialettica tra elemento architettonico e suono, molto cara a Bartolini se ricordiamo ad esempio l’installazione di qualche anno fa Organi, un ponteggio di tubi innocenti trasformato in organo a canne. Se l’architettura è composizione del caos naturale e dello spazio, la musica è ordinazione dei suoni in una serie ritmica e matematica.
273 ore, infine, è un grande disegno dove l’ordine del tratteggio e l’imprevedibilità del tratto a mano libera si integrano per restituire un paesaggio immaginario, e ripetere lo stesso effetto casuale dell’intreccio dei rami nella serie fotografica della prima sala.
Alla fine il ruolo dell’artista, come ogni buon creatore che si rispetti, è portare ordine nel caos, o no?
Mario Finazzi
mostra visitata l’8 gennaio
Dal 17 dicembre 2014 al 31 gennaio 2015
Massimo Bartolini
Magazzino
via dei Prefetti, 17 Roma
Orari: da Martedì a Sabato 11.00-20.00