Volti insanguinati, incidenti mortali, un rasoio e una sega per autopsie. Sono i soggetti dell’ultimo lavoro fotografico di Umberto Romagnoli (Roma, 1970), che viene presentato per la prima volta a Roma in occasione della V edizione del FotoGrafia – Festival Internazionale. Fotografie di medio e grande formato di forte impatto, che Romagnoli ha realizzato anche perché influenzato dalla sua passione per la cinematografia horror, che segue da molti anni e di cui è profondo conoscitore. Uno dei suoi precedenti lavori era infatti composto da una serie di foto in bianco e nero e da un video interamente dedicati all’attrice Barbara Steel, dark woman ante litteram, icona del cinema horror degli anni Settanta.
Nell’Ultimo Inganno è proprio la finzione cinematografica a consentire a queste immagini dense di sangue e di morte –il morto è sempre lui, Romagnoli– di non essere mai macabre e anzi di avere tutte, anche le più tragiche, un che di vagamente ironico.
Per gli autoritratti l’artista -che non usa l’autoscatto- crea veri e propri set di cui è regista e unico attore, anche quando il suo volto è nascosto dal casco nella fotografia dell’incidente con la vespa o dalla maschera di Paperino con uno strano ghigno in quella in cui si aggira circospetto con il camice da medico, con in mano una pericolosa arma batteriologica. Tutte le immagini sono studiate nei particolari, riducendo al minimo i ritocchi in fase di stampa. Romagnoli ha acquisito negli anni una notevole conoscenza tecnica, come risulta dalla qualità dei grandi formati, e dimostra che ha messo bene a frutto la sua pluriennale collaborazione in qualità di assistente del noto Claudio Abate.
La sensazione che si ha guardando queste fotografie è che nascondano sempre qualcosa, lasciando il dubbio di non riuscire a comprendere fino in fondo cosa sia esattamente successo.
C’è una sorta di sospensione: è tutto vero o è solo un gioco per esorcizzare la violenza, quella vera? “Uso il sangue come metafora della condizione dell’artista”, precisa l’artista, “ma senza mai prendermi troppo sul serio, è infatti così che mi pongo di fronte all’arte. Si, metto in scena la morte, ma nei miei lavori è sempre forte il riferimento all’universo filmico”.
Romagnoli, che viene dal fotogiornalismo e che per anni ha lavorato esclusivamente con il bianco e nero, per questo suo ultimo lavoro è passato al colore, usando un medio formato 6×7, non digitale, e realizzando stampe lambda da diapositive.
pierluigi sacconi
mostra visitata l’11 aprile 2006
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