Dopo Basilea, dove ha allestito una personale alla Galerie Eulenspiegel, è la volta di Roma.
Fabrizio Ceccardi torna da Luxardo per presentare, all’interno del circuito di FotoGrafia 2008, una serie di scatti stampati in grande formato insieme a venti polaroid. Il titolo,
In Contumacia, è un’idea della gallerista Eva Clausen, precisa il fotografo, che in questo lavoro ha dato voce all’esigenza di una ricerca di equilibrio formale nel disordine.
Le immagini, di grande impatto visivo ed emotivo, inquadrano luoghi interni che non hanno un’identità precisa e che, perciò, “
non si espongono ad alcun giudizio”, spiega Ceccardi. La proiezione di un “
caos ordinato” in cui, come sempre nella sua ricerca, la presenza umana è apparentemente assente, mentre in realtà è evocata indirettamente. Il racconto si snoda attraverso vere e proprie messinscene, “
scene da palcoscenico” realizzate entrando in edifici abbandonati e ricomponendo la casualità del disordine attraverso la ricollocazione degli oggetti e l’incidenza della luce.
“
Questo lavoro è un approdo e una partenza.”, continua il fotografo. È l’evoluzione estrema di quella sua “
sfida silenziosa”, come la definisce Clausen, volta a captare l’invisibile, l’irreale e l’onirico. Ceccardi crea immagini che, “
pur essendo catturate dalla realtà circostante tramite il mezzo ‘realistico’ per eccellenza -la macchina fotografica- non hanno sembianze di verosimiglianza con le cose, ma appartengono a un mondo ‘altro’, quello dei sogni e delle idee”.
Punto di partenza di
In Contumacia è la fotografia con la tv accesa della serie
Stanze segrete. Una citazione di lavori precedenti (come la serie
Landscapes), in cui la descrizione del reale è inserita in contesti surreali. “
Il vissuto vi ha lasciato traccia. Luoghi dove si è svolta la vita, ma dove già non c’è più. Involucri trafficati, usati e persi, o lasciati andare a se stessi”. Ambienti avvolti, insomma, in quella sospensione temporale che nutre la fantasia, dove lo spaesamento e l’inquietudine lasciano il posto allo stupore.
Il momento successivo del lavoro è segnato dalla serie
L’ordine del Caos, in cui l’obiettivo è puntato all’interno di grandi architetture abbandonate, ma fisicamente riorganizzate dall’artista. Un percorso che culmina nella visione prospettica, grande abbastanza da occupare un’intera parete,
Senza titolo. Una fotografia classica che ricorda l’armonia delle inquadrature rinascimentali. “
È l’ordine del disordine”, afferma ancora Clausen, “
la ricostruzione di un’armonia perduta, del vissuto quotidiano che riveste se stesso attraverso i suoi rifiuti”. Un punto di approdo anche dal punto di vista della tecnica utilizzata: qui Ceccardi usa quella digitale, mentre tutte le altre fotografie sono state scattate in analogica.
A dare dinamicità al racconto, la serie di polaroid -ognuna incorniciata individualmente- che l’autore ha realizzato nel corso di quest’anno. Raffinate geometrie che guardano agli incastri di infissi e grate. Questa volta è il mondo esterno a fare capolino all’interno dell’inquadratura. Una visione frammentaria, una realtà nuova.