Non è lâironia che dĂ voce allâarte di
Pablo Echaurren (Roma, 1951). â
Qualcuno parla pure di ludicitĂ â, spiega lâartista in occasione della personale, curata da Nicoletta Zanella, che ripercorre gli ultimi quindici anni del suo lavoro. â
Piuttosto penso che ci sia luciditĂ , forse per via dellâaspetto terapeutico che ha per me lâarteâ.
Alla Galleria dellâOrologio, nuovo spazio espositivo capitolino, spiccano due grandi tele dipinte nel 2007,
Estrema giunzione e
Cattedrale vegetale (In Feniglia). Opere gestuali, esplosioni di colori, energiche sgocciolature che rappresentano lâevoluzione degli acrilici su carta degli anni â90 come
R-ondine,
Simmetrica-mente,
Pesci di terra,
Voli-tivi. A seguire, cronologicamente, le tarsie in panno imbottito, fusione fra arte e artigianato:
Il moto è blu (2003),
Fuoco (2002),
Cosmosi (2000). In mostra anche un mosaico del 2006,
Macina, che sâispira alla tradizione musiva dellâantica Roma, nonchĂŠ un grande piatto in ceramica dipinto a grottesche,
La pelle di Faenza I (1999), testimonianza di unâattivitĂ poliedrica.
Curioso esploratore dei vari linguaggi artistici o, meglio, â
insolito viandante metropolitanoâ, come lo definisce Giovanna Bonasegale, Echaurren è un artista alle prese con â
un continuo apprendimento dal sapore alchemicoâ.
Comune denominatore dei lavori è la semplificazione geometrica, che affonda le radici nelle avanguardie storiche, primo fra tutti il futurismo, ma anche il costruttivismo, il cubismo, il surrealismo. â
Il fatto che in alcuni miei lavori ci siano, ad esempio, dei nasi lunghi o asimmetrici, non ha a che vedere con una visione scanzonata. Del resto non è che in unâopera come Le Demoiselles dâAvignon
i nasi siano corti. Tra lâaltro, personalmente, considero questa opera come il precedente immediato del Signor Bonaventura di Sergio Tofano. Fa parte di una schematizzazione che abbiamo acquisito dalla post-scultura africanaâ.
Emblematico un lavoro come
Il dolore del colore (2000), dove i tubetti spremuti vanno a modellare volti tristi, piangenti. Il colore, quanto mai acceso e vitale, piange lacrime. Fortunatamente câè la musica, altra fonte energetica per lâartista che, come testimoniato dalla mostra
Al ritmo dei Ramones allâAuditorium nel 2006, è un grande estimatore della band statunitense. Ma non è tutto: Echaurren non solo ascolta i loro brani, li suona da piĂš di trentâanni. I Ramones sono un punto dâarrivo da cui non intende allontanarsi.
Tra i progetti futuri, ancora nel complesso architettonico di
Renzo Piano, una mostra della sua preziosa collezione di bassi elettrici (ne ha oltre cinquanta, acquistati nel corso del tempo secondo un percorso storico-estetico), insieme a collage e dipinti dedicati allo stesso strumento musicale.