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Se un giorno le api dovessero scomparire, all’uomo resterebbero soltanto quattro anni di vita”. Una predizione attribuita, anche se con qualche incertezza, ad Albert Einstein, che ritorna in voga a causa dei potenziali effetti nocivi dei telefonini sul nostro ambiente. L’ipotesi che le onde radio possano interferire, per esempio, con il sistema d’orientamento degli insetti, impedendo loro di rintracciare la via dell’arnia e condannandoli a disperdersi e morire altrove, ha portato alcuni ricercatori a pensare che quelle stesse onde potrebbero essere le principali colpevoli della progressiva moria nelle colonie di api, una moria che si sta verificando ormai in tutto il mondo.
Questa attendibile instabilità nell’ecosistema e le sue ripercussioni nell’uomo, come recettore di tutte le mutazioni socioculturali, è alla base del lavoro multimediale di
Giorgio Lupattelli (Magione, Perugia, 1958; vive a Roma), che presenta nella sede romana della galleria Artsinergy un progetto sviluppato in tre dimensioni, diverse ma indissolubilmente intrecciate.
Nella prima sala, alcuni lavori si frammentano in diverse strisce orizzontali che slittano visivamente ma compongono un insieme visivo indiscernibile. In questi casi, l’artista umbro riflette sul fenomeno denominato
Tearing Effect, che dipende da un parametro chiamato
Refresh-Rate (o più semplicemente Refresh), anche detto frequenza di aggiornamento. Un effetto che si verifica principalmente a causa delle interferenze quando uno schermo non fa in tempo a identificare e a ridisegnare le immagini che scorrono troppo velocemente.
La seconda sala, invece, è dominata dalla tipologia esagonale, intesa come forma basilare della vita umana. Dalla struttura del glucosio come fonte d’energia onnipresente all’adrenalina come neurotrasmettitore principale del sistema nervoso simpatico, fino alla forma degli alveari dove si viene producendo il fenomeno
Colony Collapse Disorder. Una combinazione tra molecole, api, fiori pieni di polline, maschere antigas, medicinali, rischio di esalazioni nocive e transformer compongono una finestra abbozzata, attraverso la quale intravedere la trasformazione fatidica del nostro ambiente.
La mostra termina con la terza piattaforma: si tratta di
Brainwave Synchronization, un video di quasi un’ora di durata che, insieme ad altri lavori, chiude il circolo espositivo.
Così l’artista umbro riflette sull’impatto tecnologico sull’ambiente e sul corpo umano, sulla celerità con cui nuovi medicinali possono modificare, potenziare o alterare le capacità dell’uomo contemporaneo e su come le sue abitudini possono trasformare o distruggere tutto l’ecosistema, di cui è parte integrante.
Seguendo il filosofo tedesco Hans Jonas, difende un’etica basata sul principio di responsabilità nei riguardi della natura, insieme alla possibilità dell’arte di confrontarsi con l’evoluzione della scienza, per manifestare i suoi avanzamenti ma pure per criticare l’irrimediabile dominio della tecnologia.