24 giugno 2003

fino al 31.VIII.2003 Movimento Arte Concreta. 1948 – 1952 Roma, Museo del Corso

 
Losanghe, linee, campiture geometriche. Ritmo. E colore, soprattutto. Alla ricerca di forme pure, ma solide come realtà autonome rispetto al mondo della natura. Ecco il MAC, quasi uno spartiacque tra dopoguerra e anni ’50. Tra le opere di Munari, Dorfles, Soldati...

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Il Movimento Arte Concreta sembra tracciare una linea di separazione tra i fenomeni artistici allo scoccare della metà del XX secolo. La mostra ospitata negli spazi – un po’ angusti, ma comunque suggestivi – del caveau del Museo del Corso, a cura di Enrico Crispolti, documenta con circa quaranta opere e con testimonianze e dibattiti riportati in catalogo, il percorso e l’evoluzione della poetica del movimento, fino alla definizione negli anni Cinquanta.
Nelle sale sfilano dipinti e sculture – dal ‘48 al ’51 – di Gillo Dorfles (prima di diventare critico), Gianni Monnet, Bruno Munari, Atanasio Soldati, Gianni Bertini, Lanfranco Bombelli Tiravanti, Enrico Bordoni, Ferdinando Chevrier, gillo dorfles, composizione 1952, olio su cartoneNino Di Salvatore, Salvatore Garau, Max Huber, Galliano Mazzon, Mario Nigro, Ideo Pantaleoni, Regina, Luigi Veronesi, Annibale Biglione, Albino Galvano, Adriano Parisot, Filippo Scroppo . La suggestione cromatica delle opere segue l’impianto di una geometria libera, seguendo il nesso creativo di spazio, colore e luce per generare nuove armonie. E’ possibile apprezzare l’opera di Bruno Munari, che riesce a costruire il senso del colore e del movimento su ritmi precisi, all’inizio influenzati – secondo la lettura di Dorfles – da Kandinsky, Van Doesburg e Paul Klee; in seguito l’artista e designer sceglierà – accade in Composizione con foro – forme e dinamiche che attivano il desiderio di conoscenza e partecipazione dell’opera fino a raggiungere l’oltre della composizione tradizionale. La Grande luna di Garau è, invece, una costruzione di figurazione geometrica e poetica che culmina nel bianco, quasi un annuncio dello studio che l’artista farà del colore e della sua luce.
L’impaginazione espositiva raggiunge la poesia del colore, inteso come corpo che si distende e allude a possibilità dinamiche, realtà autonome dal mondo della natura, che vengono indagate tra losanghe, linee e campiture geometriche: percorsi di nuove armonie, linguaggio concreto, autonomo, collegato solo alla percezione e alla coscienza dell’artista.
bruno munari, composizione con foro, 1950, olio su faesiteComposizione sul rosa (1950) di Gillo Dorfles, teorico del gruppo, è un particolare esempio della tensione verso la progettualità del movimento, della ricerca di unità di base e della differente percezione dell’arte. Le campiture di Atanasio Soldati aprono finestre cromatiche, presenze luministiche sintetizzate nelle forme originarie, come momenti del profondo da cui il colore rimonta bloccato nelle dispersioni ed evanescenze. Da qui partiranno le esperienze dei movimenti successivi. Il Movimento Arte Concreta apre possibilità espressive allo Spazialismo di Fontana, al gruppo Forma, a cui aderiscono tra gli altri Dorazio, Mino Guerrini e Perilli, al Gruppo Origine con Burri e Colla e simpatizzanti del MAC quali Prampolini e Michelangelo Conte. Si tratta di relazioni sottili che legano fenomeni e movimenti artistici e paiono guidate dalla volontà di spingere oltre i linguaggi e di approfondire la percezione del mondo.

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vittoria biasi
mostra visitata il 12 maggio 2003


Movimento Arte Concreta. 1948 – 1952, a cura di Enrico Crispolti
Caveau del Museo del Corso, via del Corso 320 (Centro Storico), 066786209, www.museodelcorso.it , mar_dom 10-20 ch lun, ingresso intero 5 euro, ridotto 4 euro, catalogo Edieuropa – De Luca


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