Il Movimento Arte Concreta sembra tracciare una linea di separazione tra i fenomeni artistici allo scoccare della metà del XX secolo. La mostra ospitata negli spazi – un po’ angusti, ma comunque suggestivi – del caveau del Museo del Corso, a cura di Enrico Crispolti, documenta con circa quaranta opere e con testimonianze e dibattiti riportati in catalogo, il percorso e l’evoluzione della poetica del movimento, fino alla definizione negli anni Cinquanta.
Nelle sale sfilano dipinti e sculture – dal ‘48 al ’51 – di Gillo Dorfles (prima di diventare critico), Gianni Monnet, Bruno Munari, Atanasio Soldati, Gianni Bertini, Lanfranco Bombelli Tiravanti, Enrico Bordoni, Ferdinando Chevrier,
L’impaginazione espositiva raggiunge la poesia del colore, inteso come corpo che si distende e allude a possibilità dinamiche, realtà autonome dal mondo della natura, che vengono indagate tra losanghe, linee e campiture geometriche: percorsi di nuove armonie, linguaggio concreto, autonomo, collegato solo alla percezione e alla coscienza dell’artista.
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