Un unico limite, un’unica condizione: legare il proprio lavoro al luogo; un unico imperativo: interagire con lo spazio. Queste le indicazioni date a gi artisti coinvolti nel progetto presentato al Forum Austriaco di Cultura. La mostra presenta sculture ed installazioni slegate fra loro e soggette ad un titolo che non sembra abbia nulla a che vedere con il tema dell’esposizione, preso in prestito da una lirica di Ingeborg Bachmann (1926 – 1973), Anrufung des Groβen Bären –Invocazione all’Ora Maggiore, appunto- pubblicata nell’omonima raccolta del 1956.
Il riferimento alla Bachmann si spiega con il fatto che la poetessa, nata a Klagenfurt, visse a lungo in Italia, paese che amò tantissimo e che ispirò molti dei suoi lavori. La Bachmann incarna un modello intellettuale legato sia all’Austria che all’Italia, in tal senso si adegua alla volontà curatoriale di operare una sintesi creativa tra questi due paesi.
Così Silvia Iorio ha unito le due estremità di una scalinata con un grande pentagramma in ferro, Dämpfer/Sordina delimitato da una chiave di basso che imposta una tonalità, determinando la tipologia di suono; il pentagramma, però, è privo di note e diventa pretesto simbolico, atto ad omaggiare l’Austria e la sua tradizione musicale.
Sulle scale si sviluppa (è proprio il caso di dirlo) una scultura di Bartholomäus Kinner , che utilizza l’acciaio per realizzare opere snodabili, segmenti uniti e mobili che si piegano e si deformano a seconda degli spazi: qui Estermamente Capiente si distribuisce lungo la scala, come una sorta di ragno in procinto di compiere la sua salita/discesa. Giuseppe Pietroniro continua un percorso legato alla costruzione di architetture nelle architetture e realizza una sorta si serra, che protegge la fontana del giardino, alimentandola con l’aria emanata da un ventilatore; con la sua struttura squadrata e lineare la serra (Callae) entra in pieno dialogo con l’architettonica del Forum, anch’essa essenziale e rigorosa.
Leopold Kessler si è adeguato all’idea del giardino, costruendo delle ironiche panchine “ribaltabili”, che si trasformano in letto, “according to personal needs creates a feeling of luxury”, spiega lui, senza scomporsi più di tanto. Accanto a questo lavoro si ergono dei fiori di plastica, opera di Franz Kapfer che ricordano la purezza dei cristalli di Boemia o dei vetri di Murano. E ancora la performance di Marlene Haring durante la serata inaugurale, le panchine di Lone Haugaard Madsen che ricordano i punti sosta dei musei, i lavori installativi di Abdul – Sharif Baruwa : ognuno degli artisti ha cercato una propria dimensione in rapporto con lo spazio architettonico, modificandone silenziosamente i connotati, senza creare eccessi nelle interferenze. Un’unica eccezione per il lavoro di Stanislao Di Giugno: con il suo Sistemi Instabili trasforma la scritta “Austria” che si trova in cima all’ingresso, sovrapponendo ad ognuna delle lettere, altrettante lettere, ma al contrario, di modo da alterarne il senso. Gli stessi caratteri in una forma nuova, per confondere l’identità culturale, senza cancellarla, al contrario facendola slittare in una dimensione nuova.
tiziana di caro
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