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09
luglio 2008
fino al 31.VIII.2008 Paolo Chiasera Roma, Macro
roma
Distruzione, frantumazione, mescolamento, rimodellamento. Nel ciclo di Chiasera, gli eroi del Novecento soccombono, per dar vita a nuove utopie. Una scelta iconoclasta che racchiude il seme della rinascita...
Dimenticate gli eroi. Dimenticatene l’effigie. Nei video di Paolo Chiasera (Bologna, 1978), le statue in creta che raffigurano quattro insigni personaggi del Novecento -Adam Smith, Le Corbusier, Seymour Cray, Noam Chomsky- girano su se stesse fino all’autodistruzione. Non restano che frammenti, scomposti ulteriormente fino a creare un impasto informe, mescolato e poi rimodellato. Ogni canale della video-proiezione racconta i quattro passaggi di questo percorso demolitore, scandito da gesti ripresi in primissimo piano.
Quali le ragioni di questa forma di iconoclastia contemporanea? È Chiasera a spiegarlo: “Ognuno dei personaggi scelti ha influenzato il ‘900 con le sue teorie: Adam Smith in ambito economico, Le Corbusier sul piano urbanistico, Seymour Cray per l’informatica, Noam Chomsky per la linguistica. La mia tesi è che queste teorie, relazionate tra loro, generano dei risultati diversi da quelli che erano i postulati di partenza, con la relativa stanchezza del pensatore, che vede le proprie teorie trasformarsi”.
L’artista sceglie così di operare sulla rigidità di tali modelli, “plasmandoli” fino a crearne di nuovi. Il tutto andando a colpire l’immagine dei rispettivi autori. È dunque l’icona a essere annientata, la rappresentazione realistica dei personaggi coinvolti, che si presenta quale astrazione personificata. Un procedimento intimamente rivoluzionario, che richiama alla mente eventi reali e suggestioni cinematografiche, prima fra tutte la sequenza in Ottobre di Ejzenštein, dove la statua di Nicola II cade a simboleggiare la fine della dinastia dei Romanov.
La pars destruens contiene già in sé quella costruens: la nascita di un nuovo ordine, di nuove utopie nel nostro caso. Ecco dunque che il prodotto di questo complicato processo -filosofico, prima che manuale- trova una collocazione a sé stante, esposto come fosse una scultura indipendente. Lo scioglimento e il rimodellamento della creta comporta la fusione dei personaggi menzionati e delle loro teorie, ricomposti in un’unica forma che intende superare le difficoltà relazionali, costituendosi come stadio germinale di un nuovo ciclo. Non è un caso che questa s’incontri nell’atto di uscire dal museo, come a voler “tornare al mondo”, sottolinea l’artista.
Nella seconda sala trovano posto i vari attrezzi occorsi alla realizzazione dei video. Riconosciamo così il pavimento a scacchi, sfondo sul quale si infrangono le sculture, la tinozza, il tavolo da lavoro sul quale è riportata la planimetria della mostra. E i disegni, veri e propri studi che integrano la consistenza del progetto, già di per sé chiaramente e consapevolmente strutturato. Ne rappresentano lo “storyboard sentimentale”, dice Chiasera.
Sulla carta, gli eroi del titolo appaiono in tutta la loro riconoscibilità, per lineamenti e per opere (inconfondibile il prototipo Domino di Le Corbusier). S’impongono per la loro rilevanza storica e ideologica. Uno spessore che per il giovane artista è un bagaglio, da non lasciare in soffitta, ma da trasformare e re-integrare nel presente.
Quali le ragioni di questa forma di iconoclastia contemporanea? È Chiasera a spiegarlo: “Ognuno dei personaggi scelti ha influenzato il ‘900 con le sue teorie: Adam Smith in ambito economico, Le Corbusier sul piano urbanistico, Seymour Cray per l’informatica, Noam Chomsky per la linguistica. La mia tesi è che queste teorie, relazionate tra loro, generano dei risultati diversi da quelli che erano i postulati di partenza, con la relativa stanchezza del pensatore, che vede le proprie teorie trasformarsi”.
L’artista sceglie così di operare sulla rigidità di tali modelli, “plasmandoli” fino a crearne di nuovi. Il tutto andando a colpire l’immagine dei rispettivi autori. È dunque l’icona a essere annientata, la rappresentazione realistica dei personaggi coinvolti, che si presenta quale astrazione personificata. Un procedimento intimamente rivoluzionario, che richiama alla mente eventi reali e suggestioni cinematografiche, prima fra tutte la sequenza in Ottobre di Ejzenštein, dove la statua di Nicola II cade a simboleggiare la fine della dinastia dei Romanov.
La pars destruens contiene già in sé quella costruens: la nascita di un nuovo ordine, di nuove utopie nel nostro caso. Ecco dunque che il prodotto di questo complicato processo -filosofico, prima che manuale- trova una collocazione a sé stante, esposto come fosse una scultura indipendente. Lo scioglimento e il rimodellamento della creta comporta la fusione dei personaggi menzionati e delle loro teorie, ricomposti in un’unica forma che intende superare le difficoltà relazionali, costituendosi come stadio germinale di un nuovo ciclo. Non è un caso che questa s’incontri nell’atto di uscire dal museo, come a voler “tornare al mondo”, sottolinea l’artista.
Nella seconda sala trovano posto i vari attrezzi occorsi alla realizzazione dei video. Riconosciamo così il pavimento a scacchi, sfondo sul quale si infrangono le sculture, la tinozza, il tavolo da lavoro sul quale è riportata la planimetria della mostra. E i disegni, veri e propri studi che integrano la consistenza del progetto, già di per sé chiaramente e consapevolmente strutturato. Ne rappresentano lo “storyboard sentimentale”, dice Chiasera.
Sulla carta, gli eroi del titolo appaiono in tutta la loro riconoscibilità, per lineamenti e per opere (inconfondibile il prototipo Domino di Le Corbusier). S’impongono per la loro rilevanza storica e ideologica. Uno spessore che per il giovane artista è un bagaglio, da non lasciare in soffitta, ma da trasformare e re-integrare nel presente.
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MACRo – Museo d’Arte Contemporanea di Roma
Via Reggio Emilia, 54 (zona Nomentana-Porta Pia) – 00198 Roma
Orario: da martedì a domenica ore 9-19
Ingresso: € 1
Catalogo Electa
Info: tel. +39 06671070400; fax +39 068554090; macro@comune.roma.it; www.macro.roma.museum
[exibart]
Cara Alessandra, complimenti!!
scusa per la puntugliosità ma Adam Smith non è vissuto nel Novecento, spero che almeno Chiasera se ne sia accorto…!
verissimo, infatti Chiasera parla di ‘influenza’ sul Novecento…una mia leggerezza nella trascrizione, me ne scuso!
finalmente un progetto lucido da parte di paolo che ci aveva abituato a progetti imbarazzanti e improbabili. A forza di essere sostenuto a oltranza dalla famiglia minini è riuscito a partorire qualcosa di interessante. Anche se la struttura concettuale (strapercorsa) e la struttura formale (stravista) non presentano alcuna novità. C’è da ravvisare il pericolo che l’arte per questi giovani sia basata su idee fine a se stesse che commentano e citano situazioni già viste.
l’arte italiana contemporanea piu’ attiva.per attiva intendo piu presente in manifestazioni ed esposizioni di alto livelli.
per intenderci quella protetta e sostenuta.
e’ tutta e chi dice il contrario lo dimostri …e’ tutta una scopiazzatura delle tendenze di 20 anni fa inglesi e nord europee.
gli artisti piu innovativi rimangono nei magazzini e nel dimenticatoio o vanno all’estero dove trovano immediato successo!
colpa di curatori italiani sempre meno preparati e gallerie che pensano solo a rifocillare le proprie tasche e a fare favori a destra e a manca.da non dimenticare i direttori dei musei italiani di arte contemporanea…noiosi come cio che propinano ai fruitori annoiati e disgustati.
quando voglio vedere serieta’ nell’arte contemporanea e artisti i veri artisti valorizzati vado all’estero! grazie italia