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fino al 31.X.2001 Sincretismi Roma, Fondazione Adriano Olivetti
roma
Nel cuore di Roma, la Fondazione Olivetti apre la nuova stagione espositiva presentando quattro giovani artisti alle prese con la complessa ma affascinante tematica dello spazio...
di Paola Capata
Letizia Cariello, Italo Zuffi, Mona Marzouk e Carlos Garaicoa, questi i nomi dei quattro artisti scelti da Teresa Macrì e Bartolomeno Pietromarchi per la nuova mostra della Fondazione Adriano Olivetti.
La Fondazione, dopo la pausa estiva, torna infatti a calcare la scena artistica romana con nuove ed interessanti novità: ristrutturazione di spazi, una programmazione fitta di convegni, mostre, incontri, tutto all’insegna dell’arte contemporanea-quella vera- giovane e attuale.
Prova ne è la qualità degli artisti esposti e delle opere, tutte frutto di una riflessione attenta e accurata sulle problematiche dello spazio, inteso non solo nell’accezione schiettamente fisica, ma anche, più sottilmente, come scambio interculturale e sociale.
Se entrerete nelle sale della Fondazione, avrete a che fare con tende arabeggianti, bianche architetture impossibili, silenziosi video che giocano sull’ambiguo dualismo interno-esterno, scardinando le convenzionali coordinate di spazio e tempo.
Le diverse nazionalità degli artisti, il loro background culturale, il proprio modo di rapportarsi con l’elemento spaziale-sia esso architettonico, urbano o più semplicemente individuale- vengono messi a confronto nelle sale della Olivetti, al fine di innescare quel sincretismo che, come affermano i due curatori, non annulla le differenze ma ne rispetta le singolarità per intrecciarne il lavoro.
Gli interventi proposti, rivelano infatti, al di là delle poetiche individuali, una forte e coerente unità di pensiero, una sorta di comune sentire che porta gli artisti a risolvere, ognuno con i propri strumenti, il conflittuale rapporto con l’alterità.
Letizia Cariello sintetizza nella Tenda-elemento di per sé appartenente alla cultura nomade, pertanto simbolo di instabilità-una sorta di rifugio, fragile ed effimero allo stesso tempo, che protegge dagli attacchi dell’esterno. Quella stessa attenzione, quasi morbosa e ossessiva verso l’esterno, verso l’altro da sé, è rappresentata dall’opera dell’artista cubano Carlos Garaicoa, che fissa su un piccolo giardino una telecamera che indaga, cattura e ripropone, tutto ciò che avviene davanti a sé, fuori, nella strada. Mentre Italo Zuffi mostra un video, Shaking Doors II , che rappresentastrane porte che tremano sotto le scosse di improvvisi ed invisibili terremoti, per poi smontarsi e cadere pezzo dopo pezzo, l’egiziana Mona Marzouk propone architetture fortemente evocative, simbolo di culture lontane, intrecciate e fuse l’una nell’altra. La bellezza dell’opera nasconde però un messaggio sottilmente inquietante: le architetture sono fantastiche, immaginarie, irreali, così come irreale è il profondo ed intimo scambio tra i popoli.
Buona la qualità dei lavori. Ed interessante -se sottoposto ad una attenta lettura- il messaggio lanciato da questi giovani artisti, un messaggio ambiguo e accattivante al tempo stesso, un messaggio che è, oggi più che mai, simbolo dei nostri tempi.
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paola capata
Fondazione Adriano Olivetti
Via Zanardelli 34, 00186, tel. Info. 06.687754
Dal lunedì al venerdì (esclusi i festivi) 10.00-13.00/14.30-18.00
Ingresso libero
[exibart]