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22
ottobre 2009
fino al 31.X.2009 Marlon De Azambuja Roma, Furini
roma
Quando la geometria usa la perfezione del suo tracciato. Per raccontare ciò che più non le piace: la sua assoluta e perfetta regolarità. Dietro la linea, la superficie del mondo di Marlon De Azambuja...
Un lungo tratto di nastro isolante nero disegna bande
diagonali lungo la parete bianca del nuovo spazio contemporaneo di via Giulia.
Essenzialmente geometriche, le bande ricordano le gabbie vuote di Sol LeWitt, senza tuttavia sposarne quella “concettualità”
matematica di cui sembrano servirsi.
Marlon De Azambuja (Santo Antônio da Patrulha, 1978; vive a Madrid)
porta quel nastro isolante sempre con sé, e poco importa se non sono lampioni o
panchine: il brasiliano cattura qualsiasi lato urbano capace di sensibilizzarlo,
di farlo sentire a casa, e lui agisce su di esso trasformandolo secondo un
rigore geometricamente fuori dai canoni.
Sfidando la poetica del Movimento Concreto brasiliano,
scardina la regolarità dell’ambiente usando quella stessa spinta regolare che
all’ambiente si vuol dare: il site specific installato nella galleria Furini è
solamente un invito a soffermarsi su un video separato in due schermi frontali
e infine sulla Metaesquema, dove una carrellata di 98 fotografie dal formato minuto,
30×20 centimetri di stampa inkjet su carta, mostrano rettangoli casuali di
sanpietrini romani.
I due schermi contengono ciascuno l’estremità di un
palazzo verticale, scosso dal basso verso l’alto in un gesto ironicamente
fallico, pronti a destabilizzare la verticalità architettonica che ci si
aspetta dall’immagine scelta.
Prevale invece la dinamica mobilità ottica nelle
fotografie alla parete destra, dove i sanpietrini succitati vengono attraversati
da minuziosi interventi a china nera; anche qui tornano le strisce del site specific e anche qui tagliano la regolarità
di una figura geometrica stabile.
De Azambuja rinnova il contesto urbano e, stanco di una
regolarità architettonica concettuale, non la distrugge ma la sbeffeggia,
prendendosene elegantemente gioco, usando con le sue stesse espressività. Non
si parla di astrattismo, non si parla di arte concreta; si prescinde da queste
per destrutturarle dall’interno. I tombini capitolini perdono nelle fotografie
dell’artista brasiliano il loro connotato urbano e divengono, una volta
immortalati in un frammento d’immagine, sfondo plausibile di quel ricamo
geometrico inaspettato che sottolinea rette a creare figure astratte,
inefficaci, proprio come la vista di ognuno di noi nel percorrere, magari, quel
tratto di strada “rubato”.
“L’intenzione è la manipolazione dell’espressione, che
conduce a un raggiustamento del contenuto che potrebbe definire il cambiamento
del codice abituale attraverso l’uso estetico del segno di un linguaggio”, scrive il curatore Antonio Arévalo.
Come disegnare una geografia urbana a uso e consumo di chi la osserva in ogni
dettaglio. Per smorzare quello sguardo distratto che si abitua alla linearità
della consuetudine.
diagonali lungo la parete bianca del nuovo spazio contemporaneo di via Giulia.
Essenzialmente geometriche, le bande ricordano le gabbie vuote di Sol LeWitt, senza tuttavia sposarne quella “concettualità”
matematica di cui sembrano servirsi.
Marlon De Azambuja (Santo Antônio da Patrulha, 1978; vive a Madrid)
porta quel nastro isolante sempre con sé, e poco importa se non sono lampioni o
panchine: il brasiliano cattura qualsiasi lato urbano capace di sensibilizzarlo,
di farlo sentire a casa, e lui agisce su di esso trasformandolo secondo un
rigore geometricamente fuori dai canoni.
Sfidando la poetica del Movimento Concreto brasiliano,
scardina la regolarità dell’ambiente usando quella stessa spinta regolare che
all’ambiente si vuol dare: il site specific installato nella galleria Furini è
solamente un invito a soffermarsi su un video separato in due schermi frontali
e infine sulla Metaesquema, dove una carrellata di 98 fotografie dal formato minuto,
30×20 centimetri di stampa inkjet su carta, mostrano rettangoli casuali di
sanpietrini romani.
I due schermi contengono ciascuno l’estremità di un
palazzo verticale, scosso dal basso verso l’alto in un gesto ironicamente
fallico, pronti a destabilizzare la verticalità architettonica che ci si
aspetta dall’immagine scelta.
Prevale invece la dinamica mobilità ottica nelle
fotografie alla parete destra, dove i sanpietrini succitati vengono attraversati
da minuziosi interventi a china nera; anche qui tornano le strisce del site specific e anche qui tagliano la regolarità
di una figura geometrica stabile.
De Azambuja rinnova il contesto urbano e, stanco di una
regolarità architettonica concettuale, non la distrugge ma la sbeffeggia,
prendendosene elegantemente gioco, usando con le sue stesse espressività. Non
si parla di astrattismo, non si parla di arte concreta; si prescinde da queste
per destrutturarle dall’interno. I tombini capitolini perdono nelle fotografie
dell’artista brasiliano il loro connotato urbano e divengono, una volta
immortalati in un frammento d’immagine, sfondo plausibile di quel ricamo
geometrico inaspettato che sottolinea rette a creare figure astratte,
inefficaci, proprio come la vista di ognuno di noi nel percorrere, magari, quel
tratto di strada “rubato”.
“L’intenzione è la manipolazione dell’espressione, che
conduce a un raggiustamento del contenuto che potrebbe definire il cambiamento
del codice abituale attraverso l’uso estetico del segno di un linguaggio”, scrive il curatore Antonio Arévalo.
Come disegnare una geografia urbana a uso e consumo di chi la osserva in ogni
dettaglio. Per smorzare quello sguardo distratto che si abitua alla linearità
della consuetudine.
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mostra visitata il 9 ottobre 2009
dal 30 settembre al 31 ottobre 2009
Marlon De Azambuja –
Movimento Concreto
a cura di Antonio Arévalo
Galleria Furni Arte Contemporanea
Via Giulia, 8 – 00186 Roma
Orario: da mercoledì a sabato ore 13-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 0668307443; info@furiniartecontemporanea.it;
www.furiniartecontemporanea.it
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