Just
another Story about Leaving non è la storia della vita di
Urs Lüthi (Lucerna, 1947; vive a
Kassel), ma è la
storia della sua arte nella vita; occupa le due sale superiori del museo di Via
Reggio Emilia e si regge sulla celebrazione portante di una statua in alluminio
con cui l’artista ricorda la classicità esibendo il suo corpo in una minutezza
buddhica, quasi spirituale.
Sfidando
il tempo e la mutevolezza, Lüthi abbandonò i dipinti per la fotografia,
cominciando a giocare sulla stabile incertezza della sessualità: femmina?
Maschio? Non c’è una messa in scena della vanità o una presa in giro
dell’apparire; la serie di autoritratti fotografici che sfilano lungo la parete
della prima stanza sfoggiano un volto dai lineamenti duri, ruvidi e incupiti e,
mentre la vecchiaia sembra sfiorarli appena, il mezzobusto resta impettito e
sghignazza dietro lo sguardo del fruitore. Il tempo racconta e affronta
l’artista, e dopo il volto soggetto al suo scorrere, è su due tamburi cardiaci
fuori sincrono che danza al rallentatore il corpo della figlia per
l’installazione video
Ex Voto XVI,

insieme a macchie bianche e nere che si alternano nel
monitor di fianco.
Come se
non bastassero le fotografie riesumate e l’ultima produzione video, la forma
espressiva di Lüthi muta col tempo: il suo corpo diviene una scultura fragile
in vetro, esile scheletro sotto teca, niente a che fare con il Buddha di bronzo
della seconda sala. All’estremità di questo residuo corporeo vi è ancora una
volta il suo volto paffuto e, ora, liscio più che mai.
Con la
mostra al Macro, a cura di Luca Massimo Barbero ed Elena Forin, l’artista segna un punto di arrivo per la sua
carriera, portando a termine un anno espositivo denso di lavoro; lontano
dell’edonismo voyeuristico del “
corpo come linguaggio” esposto alla Galleria Delloro
nel 2008 e lungi da una promiscuità in tensione verso la bellezza, gli scatti
di
Just another Sculpture for Roma rappresentano la scelta di un percorso fotografico inedito
che viene mostrato
per la prima volta nel catalogo edito da Electa.
L’antologia
è inoltre completata da un’accurata selezione di immagini tali da evidenziare
le principali fasi espressive della ricerca di Lüthi, comprendendo testi di
entrambi i curatori insieme a un’intervista con Christoph Lichtin, il catalogo
si rivela essere un compendio esplicativo del lavoro dell’artista, partendo
dalla concezione espositiva per gli spazi del Macro fino a garantire una
visione complessiva della sua ricerca: un viaggio tra passato e presente
appositamente concepito per le due sale in questione, in cui l’uomo “a mani vuote” sovrastato dal paesaggio
antico di storia appare piccolissimo.

Il suo
corpo non fa ombra, mentre le colonne dei Fori solcano il terriccio:
fotomontaggio disattento o reale volontà di mancanza concreta? È Lüthi stesso
che racconta: “
Oggi devo confrontarmi di più con la morte e la malattia. Che
lo voglia o no, tutto, in fondo, ha a che fare con queste cose”. E dal corpo si passa allo
spirito. E la materialità si fa sempre più sottile, fino a sparire.