Osservare le fotografie di Angèle Etoundi Essamba (Douala, 1962) è come entrare in un mondo totalmente lontano dalla visione che spesso in Occidente si ha dell’Africa.
La povertà, la fame, la guerra, l’oppressione delle donne, vengono meno e lasciano spazio alla riaffermazione della loro dignità. Non schiave dell’uomo, ma fiere, belle e soprattutto di una grande forza, che traspare dagli sguardi intensi, quasi evidenziata dai muscoli guizzanti dei corpi di alcuni scatti e resa ancor di più dal bianco/nero fortemente contrastato. Dal nero dello sfondo, delle vesti e della pelle d’ebano e dal bianco degli occhi e delle unghie.
Le mani giunte, in primo piano in una delle foto più suggestive, paiono racchiudere un universo intero ed i volti velati dalle trame dei tessuti o dalla terra, in un’elaborazione d’immagini che sembrano sovrapporsi, rievocano la cultura e la tradizione africana ed insieme il mistero, come lo stesso titolo,Au deja du Mistère, sottolinea.
Guardando le fotografie, è subito chiaro che ne è autore una donna. Lo sguardo non è mai carico di desiderio, ma è delicato nel ritrarre la bellezza e nell’affermare la femminilità. C’é quasi una partecipazione emotiva alle vicende dei suoi soggetti, una vicinanza di spirito e d’esperienze (come la maternità che con i “suoi” pancioni ritorna in più scatti) che nasce dal sentire e dal guardare la vita dalla stessa prospettiva, quella femminile.
La sensazione intensa che le foto trasmettono, è quasi un senso di pace, una lentezza che richiama i tempi dilatati della giornata africana, priva dei ritmi serrati del vivere occidentale.
Tutto questo, fa della mostra un appuntamento da non mancare perché, al di là della bellezza reale delle immagini e della sua indiscutibile bravura tecnica, il valore di Etoundi Essamba sta proprio nel colpire lo spettatore sul piano emozionale, toccandolo con delicatezza e forza insieme.
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