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23
giugno 2009
fino al 4.VII.2009 Roberto Piloni Roma, Il Bulino
roma
Una mostra colta, minimale e allusiva. Fatta di lavori dove fragili carte accendono la presenza di piccoli oggetti. Inseriti come enigmi al loro interno. Mentre all’esterno della galleria...
di Luca Arnaudo
Da tempo impegnato a definire una propria area operativa avente per lati principali il concettuale e il minimale, ma con una messe di altri più o meno evidenti referenti agli angoli, Roberto Piloni (Roma, 1966) presenta in questa sua nuova personale una serie di quindici opere realizzate nell’ultimo biennio, dove l’accennata tensione definitoria perviene a una significativa misura, in modo particolare nei lavori di piccole dimensioni.
Quella di Piloni è un’arte colta, sfuggente e allusiva, che astrae dalla materia non tanto (o non soltanto) sottraendone peso o forma, secondo la lezione del vecchio minimalismo, quanto spogliandola di ogni solennità: si verifica dunque il ricorso intercambiabile a elementi diversi, da grani di pepe a inserti ready made in materiali plastici o metallici isolati dalla loro quotidianità – prima ancora erano stati gli spilli, il legno, l’ardesia – con una varietà di studiata leggerezza che induce chi osserva a pensare subito a Marcel Duchamp come più opportuno referente per l’occasione (a partire, con una certa probabilità, dal titolo della mostra, Interpunzioni, anche, dove l’‘anche’ sembra fare il verso a quell’enigmatico ‘même’ della celebre Mariée mise à nu par ses célibataires).
Il materiale che, a ogni buon conto, ritorna costante nei lavori esposti è una carta grafica dalla fragile e stropicciata consistenza, disposta come un velo – di Maya, viene da aggiungere – intorno a inserti oggettuali perlopiù cavi, di cui amplifica i colori puri e acidi, dal rosa al giallo fluorescente, mettendone in risonanza la presenza discreta con il candido spazio circostante.
Si legge nel bel testo introduttivo di Alessio Verzenassi come “la poetica di Roberto Piloni si edifichi sulla scelta di pochi aneddoti che, voluti in forme più o meno elementari, ricoprono un ruolo centrale nel senso e nel linguaggio”, il che concorda con quanto tempo addietro rilevava invece Franco Speroni a proposito di “materiali dissonanti che introducono zone di sensibilità sul basso continuo delle superfici astratte”.
Le interpunzioni di Piloni, in effetti, scandiscono un ritmo visivo intimo ma mai completamente pacificato, dove i minuscoli vuoti selezionati dall’attenzione creativa dell’artista giocano con la dimensione dell’astratto, insieme tentando però una misura delle cose più ampia, a suo modo inesplicabilmente permanente nel disegno delle forme prima ancora che nei progetti dell’arte.
(A pochi passi dalla galleria, poi, chi non abbia troppa fretta potrà andare a cercare, sul retro dell’abside dell’antica basilica di Santa Pudenziana, una polita lastra marmorea con un foro al centro che, almeno a chi scrive, è parsa di sorpresa il miglior contraltare dei lavori in mostra, come una conferma atemporale al gioco delle forme di cui si è andato qui considerando.)
Quella di Piloni è un’arte colta, sfuggente e allusiva, che astrae dalla materia non tanto (o non soltanto) sottraendone peso o forma, secondo la lezione del vecchio minimalismo, quanto spogliandola di ogni solennità: si verifica dunque il ricorso intercambiabile a elementi diversi, da grani di pepe a inserti ready made in materiali plastici o metallici isolati dalla loro quotidianità – prima ancora erano stati gli spilli, il legno, l’ardesia – con una varietà di studiata leggerezza che induce chi osserva a pensare subito a Marcel Duchamp come più opportuno referente per l’occasione (a partire, con una certa probabilità, dal titolo della mostra, Interpunzioni, anche, dove l’‘anche’ sembra fare il verso a quell’enigmatico ‘même’ della celebre Mariée mise à nu par ses célibataires).
Il materiale che, a ogni buon conto, ritorna costante nei lavori esposti è una carta grafica dalla fragile e stropicciata consistenza, disposta come un velo – di Maya, viene da aggiungere – intorno a inserti oggettuali perlopiù cavi, di cui amplifica i colori puri e acidi, dal rosa al giallo fluorescente, mettendone in risonanza la presenza discreta con il candido spazio circostante.
Si legge nel bel testo introduttivo di Alessio Verzenassi come “la poetica di Roberto Piloni si edifichi sulla scelta di pochi aneddoti che, voluti in forme più o meno elementari, ricoprono un ruolo centrale nel senso e nel linguaggio”, il che concorda con quanto tempo addietro rilevava invece Franco Speroni a proposito di “materiali dissonanti che introducono zone di sensibilità sul basso continuo delle superfici astratte”.
Le interpunzioni di Piloni, in effetti, scandiscono un ritmo visivo intimo ma mai completamente pacificato, dove i minuscoli vuoti selezionati dall’attenzione creativa dell’artista giocano con la dimensione dell’astratto, insieme tentando però una misura delle cose più ampia, a suo modo inesplicabilmente permanente nel disegno delle forme prima ancora che nei progetti dell’arte.
(A pochi passi dalla galleria, poi, chi non abbia troppa fretta potrà andare a cercare, sul retro dell’abside dell’antica basilica di Santa Pudenziana, una polita lastra marmorea con un foro al centro che, almeno a chi scrive, è parsa di sorpresa il miglior contraltare dei lavori in mostra, come una conferma atemporale al gioco delle forme di cui si è andato qui considerando.)
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Piloni da Libera arte contemporanea
luca arnaudo
mostra visitata il 12 giugno 2009
dal 28 maggio al 4 luglio 2009
Roberto Piloni – Interpunzioni, anche
Galleria Il Bulino Arte Contemporanea
Via Urbana, 148 (zona Santa Maria Maggiore) – 00184 Roma
Orario: da lunedì a sabato ore 10-13 e 16-20
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 064742351; info@galleriailbulino.it; www.galleriailbulino.it
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