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Pulizia, equilibrio, sobrietà, allestimenti
per sottrazione che ne favoriscono la leggibilità dei complessi concetti:
merito del format di Invito all’opera, sapiente amalgama distribuito in spazi “dedicati”.
Come per la mostra numero 3: s’incontra
nell’introroom Push and pull, un environment del 1991 di Allan Kaprow, forma d’arte che coinvolge lo
spazio, circonda l’interlocutore e, nell’installazione romana, ripropone anche
il concetto di “play”, attualizzazione dei termini ‘happening’, ‘event’, ‘activity’.
L’invito all’opera comporta il
modificare l’assetto del disordine di rotoli di moquette, raccolti in una sorta di box,
scelti in garbate tonalità da austerity; concentrandosi sulle relazioni psico-sensoriali,
Kaprow invita a interagire, variandone angolazioni, accostamenti cromatici,
mettendo in azione l’elemento olfattivo e tattile grazie alla presenza della
paglia. La versione originale dell’opera è del 1963, quando Kaprow omaggiava Hans
Hofmann, pittore
espressionista tedesco attento alla tecnica, appunto, del push and pull, a favore di un’opera dinamica,
del work in progress. Tuttavia, questo aggiornamento impeccabile provoca un senso di
distaccato rispetto, che stride con la promessa di interattività e di disordine
vitale.
L’atrium accoglie Domestic glass meets
wild glass, installazione
sonora registrata da Jimmie Durham e Jannis Kounellis nel 2006 durante una performance a RadioArteMobile:
in equilibrio fra spiritualismo e occultismo, per l’uso dell’ossidiana e dei
bicchieri rotti, ribadisce la vis polemica anti-occidentale del cherokee Durham.
Sorprende, nella galleria 2, Drowning history del versatile Ugo Untoro, un “poema tridimensionale” che allude a un novello cavallo
di Troia che s’insinua nel regno della follia umana.
Fondendo pratica del graffitismo e
della performance sociale, con un lavoro site specific Untoro racconta questa favola perturbante,
metafora del passaggio tra regno fisico e spirituale, mediante un blocco di
cemento – da cui affiora un dorso con accenno di criniera, l’artista/minotauro –
e sagome mediorientali tracciate a carboncino su una parete dall’intonaco
sfregiato con un taglierino, a delineare la silhouette di un cavallo.
Betty Bee è un felice ritorno. Artista
controversa e dall’iter altalenante – dal successo decretato da Art Forum negli anni ’90 -, reduce dagli
Usa espone due stampe fotografiche, il Cristo bianco e il Cristo nero. Più che il colore della pelle, appare
offensiva la posizione di tergo di entrambi, giustificata dalla volontà dell’autrice
di “vedere l’altro lato delle medaglia in tutte le cose”.
Vi leggiamo invece un latente
amore/odio per il genere maschile: a dimostrazione di ciò, l’aver ridotto la
loro fisicità in campane-souvenir poggiate su una colonna ricoperta di lana d’acciaio,
materia prima di una repellente scia di topi di fogna. Più che provocazione, un
incubo. O il rovescio della medaglia, per questa donna solare eppure inquieta.
per sottrazione che ne favoriscono la leggibilità dei complessi concetti:
merito del format di Invito all’opera, sapiente amalgama distribuito in spazi “dedicati”.
Come per la mostra numero 3: s’incontra
nell’introroom Push and pull, un environment del 1991 di Allan Kaprow, forma d’arte che coinvolge lo
spazio, circonda l’interlocutore e, nell’installazione romana, ripropone anche
il concetto di “play”, attualizzazione dei termini ‘happening’, ‘event’, ‘activity’.
L’invito all’opera comporta il
modificare l’assetto del disordine di rotoli di moquette, raccolti in una sorta di box,
scelti in garbate tonalità da austerity; concentrandosi sulle relazioni psico-sensoriali,
Kaprow invita a interagire, variandone angolazioni, accostamenti cromatici,
mettendo in azione l’elemento olfattivo e tattile grazie alla presenza della
paglia. La versione originale dell’opera è del 1963, quando Kaprow omaggiava Hans
Hofmann, pittore
espressionista tedesco attento alla tecnica, appunto, del push and pull, a favore di un’opera dinamica,
del work in progress. Tuttavia, questo aggiornamento impeccabile provoca un senso di
distaccato rispetto, che stride con la promessa di interattività e di disordine
vitale.
L’atrium accoglie Domestic glass meets
wild glass, installazione
sonora registrata da Jimmie Durham e Jannis Kounellis nel 2006 durante una performance a RadioArteMobile:
in equilibrio fra spiritualismo e occultismo, per l’uso dell’ossidiana e dei
bicchieri rotti, ribadisce la vis polemica anti-occidentale del cherokee Durham.
Sorprende, nella galleria 2, Drowning history del versatile Ugo Untoro, un “poema tridimensionale” che allude a un novello cavallo
di Troia che s’insinua nel regno della follia umana.
Fondendo pratica del graffitismo e
della performance sociale, con un lavoro site specific Untoro racconta questa favola perturbante,
metafora del passaggio tra regno fisico e spirituale, mediante un blocco di
cemento – da cui affiora un dorso con accenno di criniera, l’artista/minotauro –
e sagome mediorientali tracciate a carboncino su una parete dall’intonaco
sfregiato con un taglierino, a delineare la silhouette di un cavallo.
Betty Bee è un felice ritorno. Artista
controversa e dall’iter altalenante – dal successo decretato da Art Forum negli anni ’90 -, reduce dagli
Usa espone due stampe fotografiche, il Cristo bianco e il Cristo nero. Più che il colore della pelle, appare
offensiva la posizione di tergo di entrambi, giustificata dalla volontà dell’autrice
di “vedere l’altro lato delle medaglia in tutte le cose”.
Vi leggiamo invece un latente
amore/odio per il genere maschile: a dimostrazione di ciò, l’aver ridotto la
loro fisicità in campane-souvenir poggiate su una colonna ricoperta di lana d’acciaio,
materia prima di una repellente scia di topi di fogna. Più che provocazione, un
incubo. O il rovescio della medaglia, per questa donna solare eppure inquieta.
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Kaprow
a Genova
Durham
a Napoli
Betty
Bee a Barletta
giusy caroppo
mostra visitata il 5 novembre 2009
dal 15 ottobre al 4 dicembre
2009
Invito all’opera #3
a cura di Achille Bonito Oliva
Galleria Il Ponte
Contemporanea
Via di Monserrato, 23 (zona campo de’ Fiori) – 00186 Roma
Orario: da lunedì a sabato ore 12-20
Ingresso libero
Info: tel. +39 0668801351; fax +39 0668211084; info@ilpontecontemporanea.com; www.ilpontecontemporanea.com
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