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fino al 5.V.2007 Massimo Grimaldi Roma, Galleria Roberto Giustini
roma
Un problema di forma e di funzione. Da inventare entrambe, ex novo. Sul crinale scosceso di una riflessione che unisce arte e design. E allora, ecco due archetipi passepartout di scultura e pittura…
Non è fatto consueto incappare in un progetto, articolato in più mostre, che riesca a mantenere in ogni tappa la medesima compattezza d’intenti e originalità. Premessa necessaria e utile, questa, al ciclo curato da Marcello Smarrelli che indaga in chiave inedita il rapporto sottile e fecondo che esiste tra arte contemporanea e design. L’idea -semplice in apparenza, in realtà ricca di molteplici spunti- è quella di chiedere ad ogni artista invitato (siamo al quinto appuntamento) di cimentarsi nella creazione di un oggetto. Oggetto che dev’essere tassativamente inventato ex novo e di cui l’artista deve inventare anche lo scopo: oltre alla cosa, quindi, anche il perché, creato ad hoc per questo feticcio o idolo moderno che sia, secondo le indicazioni fornite dallo stesso curatore. Il risultato è una riflessione, ogni volta differente, condotta sul crinale sottile dei concetti di utile e inutile, di forma, di funzione. Temi certamente scottanti e cari tanto al design strictu sensu, quanto all’arte contemporanea.
Elegante e austero è l’intervento di Massimo Grimaldi (Taranto, 1974; vive a Milano): formalista triste di indole, per sua stessa definizione, l’artista affida l’esito dell’allestimento a due parallelepipedi neri, identici, uno attaccato alla parete, l’altro posto a terra, uniti da un panneggio di poliuretano, e ai suoni (e ai molti silenzi) di una playlist assemblata per l’occasione.
Archetipi o surrogati rispettivamente di una scultura e della presenza di un quadro, i due solidi sono di fatto due riempi – spazio, mentre la musica –o l’assenza ingombrante di essa, visto che ogni brano della playlist è separato dall’altro da una pausa di ben dieci minuti– non è altro che un riempi – tempo. Questa è la spiegazione snocciolata, in nome della gratuità dell’arte, da Grimaldi che, con uguale nonchalance, liquida anche il particolarissimo titolo (Charles Aznavour Object): nessun legame con Aznavour, nessun riferimento da decifrare, soltanto l’arbitraria nominazione di un oggetto. Come dire la sorprendente casualità di un gesto, che finisce per influenzare tanto l’esistenza delle persone, quanto quella delle cose.
È dunque su questo margine di quieto, ma affilato disincanto che s’attesta la riflessione dell’artista: così la superficie liscia, fredda, riflettente dei due parallelepipedi, l’alternanza di suoni e di silenzi, il moto leggero del drappo di poliuretano semitrasparente scandiscono la semplicità assoluta e straniante dell’allestimento. Dove non c’è dichiaratamente nulla da capire s’instilla il dubbio più feroce: ed è proprio lì che Grimaldi, in barba a qualunque divertissement concettuale, trova nel formalizzare una risposta adeguata. Che, tutto sommato, è una difesa e una pratica rassicurante.
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a cura di Marcello Smarrelli – Roma, Galleria Roberto Giustini, Via dell’Orso 72 (piazza Navona), 06 68135013, galleriarobertogiustini@gmail.com
mar_ven 16-20, sab 10-13
[exibart]