Messa da parte l’ingombrante eredità del fratello Robert, il più giovane
Edward Mapplethorpe (New York, 1960) comincia a esplorare le tecniche fotografiche nel ’92 – usa esclusivamente il bianco e nero – studiando la superficie dell’acqua. La sua visione anela all’astrazione; una poetica in cui la geometria riveste un ruolo fondamentale: cerchi concentrici come ipnotiche iridi impazzite, graffi e grovigli, pulsioni astronomiche, quadrati che corteggiano cerchi.
L’alchimia è ottenuta dalla luce e dal movimento, spesso rotatorio, sulla carta fotosensibile. “
Tutto quello che è esposto in questa mostra esce dalla camera oscura. Non c’è un’immagine scattata con la macchina fotografica”, afferma l’artista. “
Alcune linee sono ottenute con capelli umani, altre con crini di cavallo. A differenza dei capelli, troppo sottili, i crini, molto più spessi, graficamente hanno una forza maggiore”. Materiali che perdono la propria identità per affermare una divagazione puramente artistica, sempre più astratta. “
Un po’ come l’espressionismo astratto o l’action painting di Jackson Pollock”.Quanto alle forme geometriche, è il volume della sfera, la perfezione del cerchio a essere il polo di riferimento.
Una forma che sussurra alla fantasia la visione (sempre lirica) di una Luna piena, oppure di un Sole all’alba o al tramonto. La gamma cromatica è concentrata sulle varianti del bruno e del grigio.
Il ciclo
TimeLines/TimeZones, prima personale italiana del fotografo, è una sintesi delle due singole mostre,
TimeLines (Galerie artMbassy) e
TimeZones (Ketterer Kunst), organizzate nella capitale tedesca a fine 2008.
TimeZones (2008), in particolare, trova una perfetta simbiosi con il luogo che la ospita, la neutra sala dello studio di Pino Casagrande. Il ritmo delle nove grandi stampe alla gelatina ai sali d’argento (affermazione della tecnica tradizionale nel delirio del digitale) è sancito da due estremi: il bianco e il nero. Isolata sulla parete più piccola – raccordo tra le due principali e, allo stesso tempo, punto di forza nel passaggio tonale – la stampa grigia. La luce, nei diversi e spesso lunghissimi tempi di esposizione, dipinge una varietà di colori e non-colori costantemente brillanti.
Mapplethorpe s’ispira, interpretandola autonomamente, alla ricerca di
Ansel Adams, che con il suo “sistema delle zone” elaborò già alla fine negli anni ’40 un complesso sistema scientifico per stabilire tempi di posa e sviluppo che determinasse il controllo dei mezzi.
Come scrive Beaumont Newhall, “
il fotografo, come il musicista, domina e controlla perfettamente il suo strumento. Non c’è più posto per il caso, e il fotografo può concentrarsi sull’aspetto estetico del suo lavoro, con la sicurezza che i risultati non solo saranno eccellenti sul piano tecnico, ma realizzeranno la sua interpretazione personale del soggetto”.