Il nome di Fausto Melotti (Rovereto 1901- Milano 1986), evoca nella memoria l’immagine di un villino liberty nella Valle dei Casali – un fazzoletto di agro romano sfuggito chi sa come alla foia dell’urbanizzazione – ed il profilo di un’anziana signora che sempre ci accoglieva cordialmente al tepore di un elegante salotto che sapeva d’antico e ci raccontava, rivivendoli, episodi e aneddoti legati alla vita di Carlo Belli, il suo celebre marito da qualche anno defunto che fu tra i primi teorici dell’arte astratta in Italia, cugino di primo grado di Melotti. E durante uno di quei colloqui ci fece generoso omaggio del Kn, un libro tanto importante quanto trascurato, pubblicato dal Belli nel 1935 e definito icasticamente da Kandinskij “l’évangile de l’art dit abstrait”.
I due cugini condivisero la passione per la musica e l’interesse per l’archeologia della Magna Grecia oltre che la giovanile frequentazione degli ambienti avanguardistici, a Rovereto prima – dove spiccavano le personalità di Fortunato Depero e Gino Pollini – e quindi a Milano, alla Galleria Il Milione dei fratelli Ghiringhelli, fecondo centro propulsore dell’arte astratta dove Fausto Melotti, nel ’35, ebbe la sua prima personale di scultura. Ingegnere di formazione, diffuse i propri talenti artistici in molteplici direzioni: fu scultore, ceramista, pittore, musicista, poeta, autore di preziosi aforismi.
La mostra romana curiosamente intitolata “Trappolando”, già presentata pochi mesi fa a Milano nella Galleria Montrasio, si sofferma sulla sua produzione plastica e, segnatamente, sulla ceramica. Apprendiamo dal pregiato catalogo che l’artista trentino, in una lettera alla moglie, definì, enigmaticamente, la lavorazione della creta come un trappolare, forse per celia o forse per intimo sentire. Spigolando tra i suoi scritti troviamo – ci sembra- un piccolo indizio: la questione dell’opera d’arte, della sua vita…gli ultimi quartetti di Beethoven sono belli anche quando nessuno li suona…così la Venere di Milo sepolta e ignota e così addirittura le opere ignote e forse distrutte di Apelle, perché le opere d’arte sono spiriti. Apprendiamo che l’antica pratica della ceramica, figlia del fuoco e della creta, luogo di incontro e di dialogo tra i valori plastici ed i valori pittorici, è stata presente fin dai primi anni trenta nel percorso espressivo melottiano influenzato ab ovo dall’alunnato all’Accademia di Brera – assieme a Lucio Fontana che diventerà suo grande amico – presso lo scultore simbolista Adolfo Wildt che invitava a prestare attenzione soprattutto al momento ideativo intellettuale della creazione artistica; e dalla perentoria lezione boccioniana del Manifesto tecnico della scultura futurista dove si legge che la composizione scultorea deve sostanziarsi di elementi matematici e geometrici. Così i vasi teriomorfi, le eleganti korai, figure femminili oblunghe dal profilo rastremato, ma anche le essenziali sculture lineari in ottone rivelano al riguardante attento la nativa geometria che li sottende.
Luigi Capano
mostra visitata il 12 aprile
Dal 20 marzo al 5 maggio 2017
Fausto Melotti, “Trappolando”
De Crescenzo&Viesti, Galleria d’arte contemporanea
Via Ferdinando di Savoia 2, Roma
Info: tel. 0695226414, info@decrescenzoeviesti.com, www.decrescenzoeviesti.com