C’è un’altra Ofelia tra i pittori inglesi dell’800 ma non è la tela dipinta da Millais e neppure si tratta di Lizzie Siddal, la moglie di D.G.Rossetti.
È una anonima figura che emerge dal fondo acqueo de Il mare incantato di Henry Payne, 1899.
Al secondo piano del percorso espositivo della ammiratissima mostra al Chiostro del Bramante, tra i dettagli di un olio su tela, alcune figure di belle donne appaiono distese nella corrente e sollevano la testa trascinate via dalle acque (G. Meredith, Rosatura di Shagpat).
Sono le donne protagoniste. Angelicate o femmes fatales, presenze antiche come Antigone o Agrippina, donne come fiori, donne nella loro pura nudità o riccamente abbigliate, figure femminili che arrivano dall’Oriente o più vicine, avvolte nei pepli dell’antica Grecia.
Molte sono le prove indiscutibili del fascino che la nostra terra esercitava sugli inglesi, in realtà già dalla fine del ‘700.
Tuttavia, oltre la fascinazione, come è possibile che il belga Alma Tadema e la scuola inglese, rivalutata solo da qualche tempo (Webber, Perez Simon) abbiano a che fare con l’Italia? Come si spiega questo legame?
I pittori dell’800 inglese hanno desunto idee forme e colori dai maestri italiani del 3-400 (Giotto, Botticelli) dal Rinascimento (Raffaello, Luini, Tiziano, Veronese, Tintoretto) e ancora dal 600.
Questa attenzione si fonda sull’eredità del Gran Tour ma soprattutto per l’apertura, nel 1824, della pinacoteca pubblica nel cuore di Londra: la National Gallery, dove appunto si potevano ammirare le collezioni di arte italiana.
Poco oltre, nel 1848 Rossetti, Hunt e Millais fondano la PRB, Pre Raphaelites Brotherhood, una confraternita ispirata alla poesia e arte italiana.
Pensiamo, inoltre che lo studioso e traduttore dell’Alighieri, D.G. Rossetti (che in Italia, però, non c’è mai stato) era così invaghito del padre della lingua italiana, da assumerne il nome, tutto il resto non ci sorprenderà, perché esiste un lungo e acclarato legame tra la patria di Shakespeare e quella di Dante.
È attraverso Rossetti, ammiratore degli scritti di W. Blake che avviene il passaggio al Movimento Estetico: la donna angelicata cede il passo all’eterno femminino.
La donna angelo di Leighton: Crenaia, la ninfa, sta accanto alla possanza michelangiolesca di Antigone, o alle spigolosità, quasi germaniche, della donna protagonista di Filtro d’amore di Waterhouse .
Tuttavia non c’è solo il mito italiano, esiste anche la Grecia classica per Tadema e gli inglesi, e l’Oriente fascinoso oltre che la Roma antica.
Al Chiostro del Bramante si può ammirare anche una meravigliosa Bellezza classica di Godward . Molte le tele di Tadema che risvegliano in noi quelle forme di archetipo basate su modelli greci ben radicati.
Sorprendente della mostra è anche l’allestimento a cura dell’architetto Roberto Bua.
Il percorso espositivo segue un andamento coloristico e floreale: i fiori dialogano con i poeti e gli scrittori, in un rimando tutto basato sul fil rouge della mostra; ancora le donne.
Nell’ultima sala si ha il privilegio di godere dal vivo il grande dipinto Le rose di Eliogabalo di Alma Tadema che conclude l’itinerario.
Ripercorrendo in un colpo d’occhio, à rebours tutte le sale ci si accorge di essere circondate da donne, occhi, cromie intense, luce sfolgorante e fiori, paesaggi ameni e aromi intensi, in una parola, da tutto ciò che rappresenta il Bello.
“È difficile restare arrabbiati quando c’è tanta bellezza nel mondo”.
Anna de Fazio Siciliano
mostra visitata il 15 febbraio
dal 16 febbraio al 5 giugno 2014
Alma Tadema e i pittori dell’800 inglese
Chiostro del Bramante
Arco della Pace, 5 00186 Roma
Orari: dal lunedì al venerdì 10.00 – 20.00
sabato e domenica 10.00 – 21.00