Un ottimo scolaro si potrebbe definire fra’ Giovanni da Fiesole, per quella sua comprensione della lezione dei maestri del passato e per l’attenzione verso i nuovi, al fine di elaborare una propria concezione espressiva cammin facendo.
Per organizzare al meglio le celebrazioni del 550esimo anniversario della morte di
Beato Angelico (Vicchio, Firenze, 1395 ca. – Roma, 1455) si sono costituiti due comitati, quello scientifico presieduto da Maurizio Calvesi e quello che ha curato la mostra, guidato da Alessandro Zuccari con Giovanni Morello e Gerardo de Simone.
Si è scelto un classico percorso cronologico, composto da 49 opere, otto codici miniati e alcuni disegni per tracciare le tappe dell’Angelico, frate domenicano che dalla pratica della meditazione ha tratto spunto per riflettere sulla rivoluzione prospettica di
Masaccio. Coniugando la tecnica ancora trecentesca della foglia d’oro sullo sfondo della tavola, come si vede nella giovanile
Madonna dei Cedri (1422 ca.), l’Angelico struttura lo spazio secondo una visione prospettica nuova, dando volumetria alle figure, ma senza quel carattere aspro dell’umanità masaccesca.
Da notare la tavoletta con la
Decollazione del Battista e banchetto di Erode proveniente dal Louvre (probabilmente una predella di cui s’ignora la destinazione), dai colori rosa e verde ancora masoliniani, ma con quell’impostazione e scorcio del carnefice che guardano alla soluzione del
Polittico di Pisa di Masaccio.
Una nuova cromia pregna di luce, che nel passato ha portato a usare un aggettivo come “
divina”, frutto della concezione di Tommaso d’Aquino, che però, come sottolinea Maurizio Calvesi in catalogo, è “
un fissativo” per definire la varietà della natura. Una natura spesso caratterizzata dalla presenza di un
hortus conclusus – altro topos tomistico -, come il giardino che compare nell’
Annunciazione di San Giovanni Valdarno e nell’ottagonale
Madonna con Bambino e Santi.
Effetti atmosferici, straordinari e oggi divertenti si vedono nel
Miracolo del corpo di San Marco, dal tabernacolo dei Linaioli del ’33, dov’è dipinta una tempesta di grandine e neve, a suo modo ancor più realistica di quella celebre di
Masolino nel
Polittico della Neve, anteriore di qualche anno, per la romana Santa Maria Maggiore.
A Roma, infatti, Angelico lavora in due occasioni, per gli affreschi della cappella del Sacramento di Eugenio IV nel ’45 e successivamente per la Niccolina, ma lascia opere anche in Santa Maria sopra Minerva, come la
Madonna con Bambino (una tempera su tela, perché destinata al trasporto in processione), proveniente dall’altare della cappella Frangipane, che Gerardo De Simone confronta con il Tabernacolo dei Linaioli per la monumentalità e la posa analoga del Bambino in piedi.
Una sede particolare, questa della Minerva, perché è qui che il pittore viene sepolto con i massimi onori. Una dignità conferita solo a
Gentile da Fabriano e a
Brunelleschi, forse non a caso testimoni dell’antico e del nuovo linguaggio artistico.