Nella piccola raccolta della
galleria sono ordinate solo 25 polaroid. Modelle variamente avvinte da corde e
al contempo svestite dagli abiti tradizionali giapponesi. Immagini minuscole.
Tanto da costringere il visitatore ad avvicinarsi, a entrare in ogni scena e
restare avviluppato negli stessi lacci che legano strettamente i corpi, in un
rapporto di intimità che si confonde subito con una sensazione di complicità
mista a orrore. Sensualità, amore? O piuttosto sofferenza, morte?
Eros e thanatos si confondono sul
terreno dell’esperienza personale di Nobuyoshi Araki (Tokyo, 1940): assurge a emblema
dell’erotismo giapponese nello stesso anno (1990) in cui muore la giovane
moglie Yoko. L’artista ne documenta la malattia dopo averne, vent’anni prima,
raccontato per sensuali immagini la luna di miele nel libro Sentimental
Journey, che
resta un caposaldo della sua sterminata produzione, oggi misurabile in termini
di centinaia tra pubblicazioni e mostre.
Tema centrale della sua opera sono
i bondage:
ragazze orientali strette tra legamenti crudeli e insopportabili. Queste carni
che soffrono tra le corde sembrano quasi non appartenere a quelle stesse
modelle che, al contempo, s’offrono all’obiettivo in una spudorata e
imbarazzante semplicità. Paradossalmente, i corpi sono imprigionati proprio da
ciò che sprigiona il più cinico tra gli erotismi, mentre il dolore evocato
sembra ispirare un desiderio di liberazione dalla pena, di ritorno al riposo,
alla quiete che tutto cancella.
Ma se dovessimo interpretare
queste immagini solo nella chiave del dualismo freudiano che pone al servizio
delle pulsioni di morte il principio stesso del piacere, dovremmo concludere
con un’opinione sull’autore su cui peserebbero sospetti di ossessività e
perversione. E ciò renderebbe tanto più inaccettabile il suo messaggio in una
stagione inorridita dalle violenze sulla donna.
Ecco, dunque, che in soccorso alla
legittimazione di Araki sopraggiungono – a scompaginare i pregiudizi – modelli
del tutto estranei alla nostra formazione: il kunbaku e la pratica del bondage
giapponese. Le raffinate legature di canapa erano destinate ai prigionieri già
dal Seicento secondo l’arte marziale hojojutsu, sulla quale si sono innestate
anche le spietate tecniche della tortura a corda nawazeme.
La spregiudicata libertà sessuale
della cultura nipponica ha promosso queste pratiche ad arte erotica nel XX
secolo, coniugando i termini antitetici di sensualità e sofferenza, amore e
morte. Estremi tra i quali Araki lascia talvolta sospesi i corpi e le
coscienze.
Araki,
all’Istituto Nazionale per la Grafica
Araki allo
Studio Guenzani di Milano
Araki con
Hidetoshi Nagasawa alla Nuova Pesa di Roma
mostra visitata il 5 ottobre 2010
dal 30
settembre al 5 novembre 2010
Nobuyoshi Araki
a cura di Olimpia Orsini
One Piece Contemporary Art
Via Margutta, 85 (zona Piazza di
Spagna) – 00187 Roma
Orario: da martedì a venerdì ore 11-13
e 17-19.30; sabato ore 10.30-13
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 063244575; onepieceart@libero.it; www.onepieceart.it
[exibart]
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