Era una calda sera d’estate del ’58, quando Fellini invitò, in un tipico ristorante romano, alcuni paparazzi: tra di loro Tazio Secchiaroli.
Fellini aveva in mano alcuni quotidiani (all’epoca le foto non erano firmate) ed era curioso di sapere di chi fossero alcune delle immagini pubblicate: erano quasi tutte di Secchiaroli! Fatto sedere accanto al maestro alla domanda di Fellini, che iniziava a lavorare al film “La dolce vita“, sul perché facesse quelle foto Secchiaroli rispose (con la semplicità che da sempre lo ha contraddistinto): “Perché il paparazzo ha un problema solo: coniugare il pranzo con la cena. Deve guadagnare dei soldi per mangiare, per vivere. “
Nasce quella sera un’amicizia che porterà Secchiaroli dalle strade di Roma alle “strade” del cinema.
Sono in pochi a non conoscere il Tazio che viene ripreso, alla guida di una lambretta, da un giovane Franco Pinna o la “sua” Loren vista attraverso le lenti di Newton, meno note, ma solo perché fuori dalla cronaca popolare, le immagini sui set che lo consacrano vero maestro.
Di lui è stato detto tanto ed in questi ultimi anni le mostre, organizzate in tutta l’Italia, non si contano. Ma è riduttivo parlare di Tazio solo come un paparazzo, quello che ha lasciato non è solo l’immagine di un’epoca esaltata da Fellini, il suo è un lascito che va ben oltre la cronaca rosa; è stata una presenza nel mondo del cinema ripreso con passione e professione, immagini forti e semplici allo stesso tempo, destinate a tutti. A lui il merito di aver rivelato la poesia e la vita dietro le quinte e sui set dei maggiori film di culto dagli anni sessanta ai settanta.
La mostra segue il suo percorso temporale: inizia nelle sale al piano terra con le foto rubate in via Veneto, le risse più o meno recitate, immagini di strada o di vita che vanno dai miti americani, alle notti brave sino alle manifestazioni politiche, per terminare, su, nei piani alti (come a consacrare un suo salto qualitativo) con le sue riprese sui set di tanti film, ma principalmente di Fellini.
Ed è proprio a Fellini ed alla Loren (di cui sarà fotografo personale per venti anni) che il Chiostro del Bramante dedica due delle principali sezioni della mostra. Sono loro i “soggetti” che più lo hanno appassionato, in un gioco continuo e alternante fra professione e piacere dove esplode l’anima goliardica e gioviale.
Roma rende così il giusto tributo ad uno dei suoi fotografi più rappresentativi, romano di nascita ma sopra tutto d’indole.
Bio
Nato a Roma nel 1925 in un quartiere di periferia, iniziò la sua carriera nel 1944 come fotografo ambulante, riprendendo per le strade di Roma soldati americani e turisti.
Nel 1951 approdò all’agenzia Vedo di Adolfo Porry Pastorel, quattro anni dopo fondo’ con Sergio Spinelli la Roma Press Photo. Dal 1958 inizio’ a collaborare con Fellini e dopo l’uscita della ‘Dolce vita” smise di fare il fotografo di strada per diventare fotografo di set. Diventa fotografo personale di Sophia Loren e al suo seguito gira il mondo. Fotografa i registi e gli attori più celebri del cinema. “Appende” la macchina fotografica nel 1983 ”Perché -dice- la fotografia, come ogni arte, richiede una grande carica vitale. Allora sentii che questa carica in me si era esaurita. Cosi’ ho deciso di smettere”.
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Complimenti a Tazio Secchiaroli bravo fotografo che ci ha documentato simboli di un'epoca.