Quattordici opere che raccontano, anzi lasciano immaginare allo spettatore cosa si cela dietro le atmosfere grigie e solitarie di questi dipinti, in cui tutto sembra bloccato in una perenne attesa di qualcosa che non verrà mai e che forse non è mai esistita. Sono dipinti da contemplare con calma e profondità, come dice l’artista:
“Suggerirei di avere lo stesso atteggiamento di pazienza e di attesa che abbiamo quando si entra in sala a proiezione già incominciata; guardare le prime sequenze di una storia che ancora non conosciamo; cercare di capire qualcosa dell’ambientazione, oppure dei personaggi che compaiono sullo schermo senza sapere se sono gli interpreti principali o di secondo piano nella storia del film; non sapere nemmeno se siamo all’inizio o verso la fine. È come nella vita, dove ognuno di noi entra a spettacolo già iniziato”.
Alberto Sughi (Cesena, 1928) è un maestro del Secondo novecento italiano, che sa tradurre attraverso l’utilizzo dei grigi e delle tonalità algide, diluite e ammorbidite dal pastello e accompagnate da un segno incisivo e nervoso, quel senso di vacuità e provvisorietà che fa parte della vita.
Lo si percepisce nell’atmosfera del quadro, dove sia le cose che le persone, pur avendo forme reali, sembrano perdere la loro solidità e dissolversi lentamente nello spazio. Proprio per questa sua ambivalenza realista e visionaria, è azzardato definire Sughi un pittore esclusivamente dirottato verso il “Realismo esistenziale” (anche se non si può negare la sua adesione iniziale al realismo di tipo sociale). Perché dopo una prima lettura dell’opera emergono elementi che si astraggono dalla pura figurazione, acquisendo un carattere visionario, quasi metafisico e surreale. È evidente nella sua pittura un’affinità con artisti visionari e irrequieti quali
Böcklin,
Klinger e
Bacon, per la ricerca di una visionarietà onirica che proietta l’uomo in uno spazio senza tempo, astratto dalla realtà.
In mostra sono esposte anche tre grandi tele inedite realizzate nel 2007:
La strada,
Dietro la vetrina e
Un uomo e una donna al bar. In questi dipinti emerge un chiaro interesse verso il colore, in particolar modo per le tinte gialle, verdi e rosse, brillanti e cangianti ma sempre diluite e tenui come quelle dei colori a pastello. Oltre a una maggiore intensità cromatica rispetto al passato, in questi lavori emerge una maggiore risolutezza prospettica. In
La strada, ad esempio, non solo è insolita la scelta dell’ambientazione ma anche lo spazio stesso, che sembra dilatarsi ed estendersi all’infinito, come la viuzza che tagliando il quadro all’orizzonte crea un forte dinamismo e un senso di profondità prospettica.
Concludono la mostra sei disegni realizzati con fusaggine e pastello. Sono ritratti di uomini e donne assorti nei loro pensieri terreni, raffigurati in quell’attimo di smarrimento e attesa che sembra essere eterno, mentre la vita all’esterno scorre velocemente. Ignara e incurante di tutto il resto.
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L'adoro! Mi piacerebbe moltissimo avere un Suo dipinto che rappresenti Borgart e la Bergman nella scena d'addio del film "Casablanca". Da sogno!