Il processo creativo alla base del lavoro di
Emilio Cafiero (Serracapriola, 1963) nasce da una straordinaria e meticolosa lentezza tecnica, che porta l’artista a maturare e realizzare nel corso del tempo la propria idea. In mostra una serie di oli su tela in cui è evidente un realismo di natura fotografica. Fatta eccezione per un lavoro in cui il soggetto principale è un albero o, meglio, la sua ramificazione scheletrica, gli altri sono incentrati su diverse architetture industriali: porti, stabilimenti o spazi utilizzati dall’industria “pesante”. Anche quando sono presenti macchinari, la figura umana non è contemplata. Attraverso la forma narrata di una natura che cambia, Cafiero riflette sul passaggio tra la vita e la morte, la bellezza e il degrado, il legame fra l’esistente e la memoria. E la pittura parte dall’osservazione di una serie di scatti fotografici appartenenti a un archivio mentale fatto di impressioni e ricordi.
Antonio Riello (Marostica, 1958) espone un’installazione costituita da una collezione di giubbini in pelle nata diversi anni fa, ma qui presentata per la prima volta sul territorio italiano (nel 2003 era stata inserita nella collettiva
Young Italian Genome alla Guia Gallery di New York). Il lavoro, ironico e pungente, prende di mira la realtà italiana delle grandi firme di fama internazionale; ecco allora comparire Prada, Armani, Dolce & Gabbana, Ferrè. Le immagini sanguinose, che s’ispirano a fatti di cronaca nera, rappresentano scene di incidenti, suicidi, assassini, incendi, violenze fra illustrazione e pittura. Riello rappresenta con “
sorridente cattiveria” immagini di forte impatto sulla schiena di questi capi d’abbigliamento.
Cafiero crea dunque delle visioni che facilmente si ha l’impressione di riconoscere, mentre Riello innesca con sagacia un cortocircuito che mescola moda e cronaca. E se la pittura di Cafiero, analitica e interiore, è esposta nelle sale interne della galleria, l’installazione di Riello è in vetrina, dunque assolutamente in vista e d’impatto non solo visivo.