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Dopo il grande successo alla Biennale dell’Immagine in Movimento al Centre d’Art Contemporain di Ginevra, l’ultima Documenta a Kassel e lo stand monografico ad Artissima Torino nella sezione Present Future, Bertille Bak torna ospite e protagonista nello spazio romano di The Gallery Apart con un nuovo progetto, ancora una volta tematico. Dopo aver colpito il suo pubblico con la sua precedente personale in galleria dal titolo Radice – che aveva indagato il senso delle origini attraverso il coinvolgimento dei cittadini del paesino francese di Barlin, luogo natìo dei suoi avi – All inclusive viaggio – come già intuibile dal titolo stesso – riflette la complessa tematica del viaggiare nelle sue sfaccettature rimandando con ironia alla formula all-inclusive di tour operator e villaggi vacanze. Ironia, quella dell’artista, caratterizzante e fondamentale per potersi avvicinare a tematiche molto delicate, come in questo caso lo sfruttamento, le barriere non inclusive e l’immigrazione, l’approccio con un mondo ‘altro’ da quello occidentale al quale forzatamente si applicano modelli Europa-centrico.
Per essere migranti nella modernità contemporanea occorre un ‘fisico bestiale’: questo sembra raccontarci il video Figures imposées, realizzato con la collaborazione della Maison des Femmes du Hédas, nel distretto di Pau, che lavora proprio per l’integrazione sociale delle donne immigrate. Per scappare a bordo di una nave, per compiere quel viaggio difficile del quale non si conoscono né arrivo né ritorno, occorre sapersi mimetizzare e resistere agli stenti. Eppure alcune delle donne protagoniste di questa sorta di installazione vivente – ambientata peraltro in un cimitero per poter sfruttare il mimetico grigio onnipresente sullo sfondo – sono in carne, altre non sanno saltare gli ostacoli. Fanno sorridere chi le spia durante la loro preparazione fisica, mentre sgusciano via gattonando, seppur consapevoli della loro reale difficoltà ad essere nel mondo.
Usine à divertissement, 2016, trittico video, 20 min, ed. 6+1AP, produzione per BIM Genève 2016, veduta dell’installazione (basement), foto Giorgio Benni
Protagoniste del filmato Le tour de Babel sono le navi da crociera e, ancor più nello specifico, i protagonisti che ne affollano le navi, persi nella movida su acqua di un grande villaggio vacanze, troppo stanchi per scendere a terra e visitare le città coinvolte nel grande tour de force che vorrebbe portarli ad essere il più felici possibile – di quale felicità poi?
Il mare quindi i marinai, quelli che Bertille Bak conosce in grande quantità mentre lavora come cameriera in un club al porto di Saint-Nazaire, quei complaisants che raccontano dei loro viaggi, del loro tempo, lamentandosi della vita che conducono e delle ingiustizie che subiscono. L’artista riprende una tradizione imparata proprio grazie a loro, quella di intessere le proprie ciocche di capelli, costruendo le bandiere di quei paradisi fiscali mondiali popolati da quegli amatori che, pur potendo permetterselo, non pagano il lavoro dei marinai quanto dovrebbero.
«A questo punto potrei limitarmi a dire questo: I) sulla soglia dell’aeroporto di Colombo, alcune ragazze cingalesi ci mettono una ghirlanda di fiori per darci il benvenuto […]. E invece, più tardi, una delle cose che ho imparato veramente è la seguente: la ghirlanda di fiori è una cosa che in Sri Lanka non esiste. Se non all’aeroporto». Sembra di leggere le parole di Francesco Piccolo – direttamente dal suo libro ‘Allegro Occidentale’, che racconta quanto l’Occidente e gli occidentali abbia condizionato le tradizioni tipiche dei Paesi orientali – mentre si resta incantanti dagli animali che i protagonisti di Usine à divertissement pongono davanti agli occhi dell’osservatore davanti all’impietoso sensore di quantità di esotismo, pronto a dare un punteggio come la giuria di un reality show musicale. Girato in tre luoghi diversi, tra la campagna della Camargue in Francia, le montagne del Marocco e un piccolo villaggio a Nord della Thailandia, Usine à divertissement denuncia quelle tradizioni autoctone destinate a trasformarsi solo per dare viva risposta all’aumento del turismo. Non è il turista a incontrare un luogo, ma il luogo stesso a doversi preparare, a doversi rendere più bello e più occidentale, secondo le pretese e le richieste di chi lo visita.
Ancora una volta Bertille Bak costruisce la sua opera come una grande sceneggiatura della quale si pone alla regia, coinvolgendo intere comunità e facendo proprie sensazioni e vissuto di persone comuni. Fare di una mostra una grande installazione prevalentemente video non è una missione facile, soprattutto quando il minutaggio è piuttosto corposo e il comune tasso d’attenzione sempre meno disposto a seguire una trama: eppure la Bak riesce a catturare l’attenzione, riesce a strappare una risata, riesce ad alternare con maestria scene rubate alla realtà con quelle di una realtà totalmente costruita, riesce a mantenere alto l’interesse fino all’ultimo fotogramma senza rinunciare a quel ‘sentimento del contrario’ pirandelliano secondo il quale dall’umorismo nasce spontaneo un sentimento di compassione e riflessione verso ciò che si sta guardando, comprendendone fragilità e debolezze.
Alessandra Caldarelli
mostra visitata il 9 marzo 2018
Dall’8 febbraio al 6 aprile 2018
All inclusive viaggio
Bertille Bak
The Gallery Apart
Via Francesco Negri, 43 – 00154 Roma
Orario estivo: lunedì-venerdì 15.00-19.00
Info: info@thegalleryapart.it; www.thegalleryapart.it