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Come le memorabili petites madeleines proustiane, il nome di Giovanni Boldini (Ferrara, 1842 – Parigi, 1931) possiede la forza inusitata e sensuale di evocare quel mondo lontano e dimenticato, dalla parvenza frivola e festosa, che fu tragicamente sepolto sotto le macerie della Grande Guerra e, soprattutto, di suscitare, con dinamica eleganza e con irrequieto languore, il suadente sapore agrodolce della Belle Époque parigina. È proprio a Parigi, infatti, che il pittore ferrarese trascorse la gran parte della propria vita, dopo gli esordi fiorentini (fu tra i frequentatori del Caffè Michelangiolo caro ai Macchiaioli di cui divenne subito sodale) e dopo la breve parentesi londinese che lo vide apprezzato ritrattista del bel mondo. A Parigi conobbe e frequentò gli impressionisti, in particolare Edgar Degas, e divenne in breve tempo l’acclamato aedo di una società facoltosa, raffinata e salottiera di cui probabilmente nulla ancora lasciava presagire la catastrofe imminente. Ci troviamo nella galleria romana Aleandri, allogata nel quattrocentesco Palazzo Boccapaduli in una piazzetta defilata, placidamente distesa tra i vicoli dell’antico Ghetto, all’ombra austera e protettiva del Tempio Maggiore.
Giovanni Boldini – Studio di mani – matita su carta
Dopo la grande mostra antologica dello scorso anno al Vittoriano dedicata all’intensa attività pittorica – Boldini sta conoscendo, da qualche decennio, una tardiva ma appassionata riscoperta – abbiamo ora invece l’opportunità di apprezzare, in nuce, la produzione grafica del maestro ferrarese: schizzi da taccuino (scene di spensierata vita cittadina, nudi femminili, vedute), alcuni studi per grandi ritratti, disegni compiuti (in prevalenza ritratti mulìebri), qualche incisione a puntasecca e a vernice molle. Scopriamo qui un Boldini, nel complesso, meno “ufficiale”, meno attento alla committenza, ma intento piuttosto ad annotare immagini, a tentare nuove soluzioni formali, a sperimentare percorsi inusuali e finanche avanguardistici. Ci ha colto di sorpresa un piccolo studio a matita e carboncino (1901 ca.) per il ritratto di una fascinosa e rinomata nobildonna palermitana, Donna Franca Florio. La graziosa silhouette della dama, accennata in modo alquanto cursorio, con pochi rapidi tratti, sembra dipanarsi e concrescere da un caotico, dinamico, elettrico groviglio di segmenti nervosi, di piccole e fitte curve, di veloci spirali. Vi riconosciamo – ne serbiamo l’impressione – il segno futurista di Giacomo Balla, ma anche, se indugiamo sul dettaglio centrale, la veemenza iconoclastica di Jackson Pollock. E’ dello storico dell’arte Antonio Paolucci il suggerimento, in apparenza azzardato, di un timido rapporto filiale dell’action painting americana. Ma, con il senno di poi, vi si potrebbe leggere piuttosto il sintomo di una visione eccentrica per quei tempi, l’affioramento carsico di una subliminale consapevolezza tragica. E ci chiediamo se questa elegante e delicata figura femminile che abbiamo poc’anzi immaginato alimentata da un caos fecondo ed accogliente, non venga piuttosto inesorabilmente afferrata dalle incombenti forze divisive della dissoluzione.
Luigi Capano
Mostra visitata il 28 maggio
Dal 17 maggio al 6 luglio 2018
Giovanni Boldini, Disegni, studi e incisioni
Aleandri Arte Moderna
Piazza Costaguti 12, Roma
www.aleandriartemoderna.com