La
Black Light non illumina soggettivamente la strada, le panchine e gli alberi; non illumina neppure oggettivamente l’intera stampa su carta cotone Hahnemuhle su cui è difficile stabilire se si tratta veramente di strada, panchine e alberi. Che facciano parte di un paesaggio o di un una silenziosa villa toscana, per
Carlo Fei (Firenze, 1955) non ha importanza; tratte dalla serie
Riproduzioni, le dodici fotografie ospitate alla Galleria Maria Grazia del Prete sono il racconto in nero su nero di un unico momento di luce: quel delicato raggio di sole che illumina le nuvole o quell’aggomitolarsi confuso della spuma sulle onde.
Striature chiare appaiono come aurore boreali sul margine alto dell’immagine, che nasconde un mondo artificiale di natura “disumanizzata”. Minuscole ombre fanno fatica a rivelare la loro differenza cromatica su una superficie totalmente oscurata. L’intento di Fei è quello di astrarre il soggetto fotografico dal suo contesto naturale per iscriverlo nelle “riproduzioni” quotidiane, inconsapevolmente tralasciate dalla vita di tutti i giorni. La sinuosa liricità di nubi o turbini d’acqua rimane spesso sconosciuta, mentre qui l’artista la trattiene con l’atto fotografico e ne sottolinea la fonte di luce alla quale sottostà la sua silente manifestazione.
L’installazione, che presenta dodici esemplari di movimenti cerei, vorrebbe inoltre ridisegnare un unico paesaggio naturalistico, suggerito dall’ingresso visivo della prima immagine, nettamente più grande delle altre. Purtroppo, però, l’intento totalizzante che va segmentandosi “paesaggisticamente” non viene sempre colto, soffermandosi il fruitore dapprima sull’oscurità delle fotografie che sulla loro disposizione concettuale.
Ciò che colpisce gli “affezionati” però non è tanto il criterio espositivo, o per lo meno il suo fine, quanto piuttosto la diversa concentrazione tematica sviluppata da Fei. L’isolamento di un dato atmosferico specifico ricorda i suoi passati studi sull’oggetto decontestualizzato, batteria, biglia o numero in serie che fossero; tuttavia, si distingue da questi ultimi, laddove con
Black Light mantiene lo sfondo naturale d’appartenenza circostante, anziché tornare a un nero alienante e catalizzatore allo stesso tempo.
Non è il paesaggio che si presta all’obiettivo, ma è l’obiettivo che si presta al paesaggio. E, come per custodire queste sue ultime creazioni, Fei concepisce una
black box in legno chiaro, dentro la quale “
La via della luce” incide sul frontespizio la sua funzione conservatrice. Un vero e proprio contenitore rettangolare in cui riporre la serie fotografica, giocando con frasi contraddittorie che solo apparentemente si rivelano tali.
La luce nera è la via da seguire per guardare ciò che
chiaramente non si ha mai tempo di scorgere.