Quarta presenza romana per
José Sanleón (Catarroja, 1953; vive a Valencia), in mostra con trentadue opere che, come annunciato dal titolo,
Cartografie di laboratorio, affrontano il tema del paesaggio. Le quattro tappe nella capitale -tutte nella galleria De Crescenzo prima e De Crescenzo & Viesti poi- corrispondono a momenti ben definiti del percorso dell’artista. Da un inizio informale nel 1986, caratterizzato da una decostruzione del linguaggio pittorico e da una libertà espressiva del segno, alla seconda mostra nel 1989, dove un ordine elementare placa gli istinti pittorici e definisce la qualità del tratto.
Poi, la personale del 1997 presenta un linguaggio completamente cambiato: una nuova ricerca costruttiva insieme all’utilizzo di materiali diversi -compresa la fotografia- si sostituisce alla precedente scomposizione. Qui l’artista narra il suo viaggio nella memoria, un viaggio fatto di città, mappe, sentieri e labirinti. Sono questi i presupposti della pittura di Sanleón, con cui si deve guardare al suo nuovo lavoro, come appunti sul taccuino di un viaggio metaforico che indaga la complessità della vita.
Sanleón non si definisce un paesaggista, anche se il paesaggio è presente nelle sue opere già da molti anni.
Egli stesso dichiara che il paesaggio è solo un pretesto per indagare le potenzialità dell’arte. L’arte, quindi, se da una parte è un fondo infinito di soluzioni cui attingere, preso in prestito dalla memoria dell’artista demiurgo, dall’altra è occhio, lente, obiettivo, scandaglio che registra e riproduce l’istantanea dei ricordi. Solo così l’immagine si districa sotto la fitta ragnatela dei segni che s’incrociano, si perdono, si ritrovano e aprono al paesaggio che c’è sotto: le
Cartografias de taller.
Ecco, quindi, le tre serie
Peibl,
Lacus e
Roent, che raccontano il paesaggio secondo Sanleón.
Peibl apre le porte ai visitatori come una sorta di grande veduta aerea fatta di tanti riquadri, tutti serigrafie su alluminio. Il tratto, nero, deciso, marca strade immaginarie dentro i confini dei ricordi del pittore.
Le varianti rosso su fondo bianco e nero su fondo rosso colorano, invece, le istantanee della serie
Roent, acrilici su tela. Qui il reticolo si amplia e si restringe, la linea è ora più spessa, poi più sottile. L’impressione a volte è di trovarsi di fronte al terreno, asciutto, arido, segnato dalle crepe.
Forme fantasiose galleggiano nell’aria, infine, nelle incisioni su alluminio della serie
Lacus. Il pittore si discosta dalle serie precedenti e offre una chiave diversa per la lettura dei suoi ricordi, non più fatta di reticoli ma di sagome tridimensionali.
Pur se diverse, le tre serie hanno la stessa matrice comune: il segno. Quel segno che indaga e racconta il lungo viaggio nella memoria di José Sanleón.