Danzano le ballerine dipinte da Gino Severini (in mostra c’è una Danse de l’ours, datata 1913): del loro corpo non resta che un sentore, evocato dagli spicchi colorati che suggeriscono un braccio che si tende, il movimento delle gambe, il vortice di una piroetta; contemporaneamente quei toni giustapposti sono le luci dei locali, il fumo, un impasto di atmosfera e suoni.
Prende le mosse dal Futurismo, la mostra allestita presso il Museo del Corso (il progetto è di Enrico Crispolti, curatore – l’anno scorso – di Futurismo 1909 – 1944 presso Palazzo delle Esposizioni) e da lì svolge diligentemente quanto è espresso nel titolo: arriva alle tante declinazioni dell’arte astratta in Italia, prova a spiegarle, intanto riesce ad enumerarle. Riannodare le fila sicuramente non è facile, né immediata può essere la lettura, così, nel saggio che apre il catalogo Crispolti esordisce interrogandosi sul ‘potere’ di una parola: astratto o meglio ‘non figurativo’? e nello scarto – non irrisorio – che separa le due parole si annida la rinuncia al riconoscibile, l’orizzonte tracciato dal gesto, dalle forme libere avulse da (quasi) tutto, o ordinato nelle nuove maglie di una griglia – che ha intento diverso, ma uguale rigore di quella prospettica – o sigillato in un incastro di geometria pura.
Accadde ai futuristi italiani di non riuscire ricostruire l’universo – come era da programma, ribadito nei tanti manifesti – ma di lasciare un’eredità non diretta eppure fertilissima: era fatta di linee forza, di simultaneità (Boccioni), di analitica scomposizione ed addizione (Balla), di vagheggiate intuizioni cosmiche (Fillia, Dottori), di divertimenti meccanici, di ingranaggi, bulloni e automi (Depero)… tutti spunti che forse rimasero sospesi, forse vennero sepolti nella foga della damnatio memoriae, ma che sono rintracciabili, leggibili in filigrana nelle tante declinazioni del ‘non figurativo italiano, mutati – comunque – dagli intenti ora diversi, assorbiti in altri tentativi di stabilire un nuovo lessico.
Fanno parte della stagione eterogenea ed estesa tra gli anni ’30 ed il secondo dopoguerra, le composizioni di un nitore inquietante di Atanasio Soldati (esponente di quelConcretismo nato nella Galleria Il Milione), le Amalasuntedi Licini (in mostra – però – c’è un’ Archipittura del 1932), le sfere, gioco sublime di Melotti, le geometrie rigide del Movimento Arte Concreta, le sperimentazioni del gruppo di Forma 1 (anni ’50) e ancora i sacchi e le plastiche di Burri, l’Informale
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Ma quanto bella è quella scultura di Viani... e lo dicono "artista che non ha mercato". Mi è capitato di vedere pure i modelli di queste sculture, fatte in ferro saldato e a grandezza naturale. Bellissimi pure quelli.
per alf
il tuo commento mi ha fatto piacere - ci tenevo molto alla foto dell'opera di viani tra le immagini per l'articolo - e mi ha incuriosito: non ho avuto occasione di vedere i modelli delle sculture in ferro saldato... (peccato che per come è posizionata all'interno del percorso espositivo quella scultura rischia di passare totalmente inosservata: un'atavica incomprensione per la terza dimensione sembra affliggere tutti gli allestimenti ospitati presso il museo del corso... ma questa è un'altra storia...)
ciao, a presto
da non perdere...
Scultura 21/A di Fausto Melotti
Negativo-Psitivo di Bruno Munari
in catalogo bello il testo "L'arte vestita"
di bonizza giordani aragno
e
l'intervista a gillo dorfles
di paolo campiglio
mi fa molto piacere vedere che si moltiplicano in Italia le mostre dedicate al futurismo. Ritengo ke come movimento artistico intellettuale abbia avuto un'importanza notevole: il solo discorso attorno alla "velocità" conferma l'anticipazione di tematiche all'ordine del giorno. Quando una filosofia estetica rimane "fresca" anke dopo quasi 100 anni dalla sua formazione, significa ke in qualke modo è riuscita a delineare i crismi di una evoluzione (per lo meno sociale)e a trasmetterli con chiarezza. Oggi si vive in velocità: si fanno mille cose, si telefona camminando/guidando, si concludono contratti sorseggiando un aperitivo prima di scappare ad un invito, si mandano e-mail mentre ci si concentra su una ricerca, si sfogliano i quotidiani saltellando di notizia in notizia mentre con le dita si perquotono i tastini di un telecomando per non tralasciare uno sano zapping! Paradossalmente viviamo come "intensi" i pochi minuti dedicati ad assaporare una sigaretta in solitudine, o il farsi la barba rispettando rigide regole da rituale, o il gustarsi in santa pace un bicchiere di vino. Paolo Fabbri asserisce che proprio nell'eccesso della velocità appare più evidente la ricerca del lento, e che a seguire tutto il nostro daffare è orientato per ottenere uno stato "slow". Kundera elogiava la lentezza. Ke amorevoli veggienti sti futuristi.