Cézanne è definito il “padre dei moderni”, la mostra romana vuole dimostrare le ragioni di questa affermazione e allo stesso tempo illustrare le tappe fondamentali della sua vicenda artistica.
L’itinerario ricalca lo schema delle altre mostre già realizzate nel Complesso del Vittoriano. Un filmato introduce la figura di Paul Cézanne (Aix-en-Provence, 1839-1906), la vita, le amicizie, gli ambienti che frequenta, la sua arte.
Grandi pannelli illustrano nel dettaglio la vicenda biografica, subito seguiti da una piccola sezione che espone foto dell’artista, lettere e documenti personali.
Le prime opere sono disegni a matita e studi degli anni giovanili: prove di colore, le varie tonalità di verde che ritroviamo nei suoi paesaggi.
La sala grande è il trionfo dell’artista. Lungo tutte le pareti si snoda la vicenda artistica di Cézanne.
Il percorso inizia dalla parete alla sinistra dell’ingresso con i suoi primi lavori ancora cupi, con un impasto corposo, denso, steso con pennellate veloci e violente. Di questi anni: Ritratto della madre dell’artista (1866-67), Ritratto di Marie Cézanne, sorella dell’artista (1866-67).
Fondamentale è l’incontro, avvenuto nel 1862 a Parigi, con Camille Pissarro che determina un cambiamento nella sua pittura: Cezanne comincia a dipingere con tonalità più luminose. Vicino alla ricerca degli Impressionisti espone insieme a loro presso lo studio del fotografo Nadar nel 1874, e di nuovo nel 1877. La mostra documenta questa fase con le Bagnanti (1875-76), e La lotta d’amore(1875-76). Il tema delle bagnanti è stato affrontato più volte dall’artista nel corso di tutta la sua vita. I nudi femminili, immersi in una natura limpida e luminosa, rivelano l’adesione all’esperienza impressionista e la sua passione per l’arte classica.
Dopo il 1877 compie un passo avanti nella sua ricerca, creando opere che mostrano un maggiore rigore; si muove verso una semplificazione delle forme, donando ai suoi dipinti una monumentalità classica e solenne. Inizia la fase “costruttiva”: il colore viene steso in tasselli corposi e brillanti, i toni contrastano tra di loro, ma l’effetto d’insieme è unitario. In mostra: Il ponte di Maincy (1879-80); Il mare all’Estaque dietro gli alberi (1878-79), Il golfo di Marsiglia visto dall’Estaque (1885 ca.).
Di straordinaria perizia e fascino sono i paesaggi che rivelano il suo intenso rapporto con la natura: Il ponte sullo stagno (1895-98), immancabile un acquerello che ritrae la montagna Sainte-Victoire. Il verde e il colore dell’acqua sono resi in tutte le sfumature possibili, dando vita ad un ambiente rigoglioso, quasi incontaminato e impenetrabile.
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daniela bruni
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Una mostra su Cézanne, quando include anche pochi esempi della sua grande arte, è una mostra che vale la pena di vedere. Questo però non significa che sia una grande mostra, altrimenti non esisterebbero brutte mostre dedicate a grandi pittori. Ma soprattutto: un conto è una mostra che vale la pena di vedere, un conto una mostra in grado di restituire, seppur per sommi capi, il percorso evolutivo di un artista, e insomma di darci un'immagine, un "ritratto" senza lacune dell'artista stesso. Ora io credo che sponsorizzare la mostra in questione, come pure hanno fatto alcune riviste e quotidiani, come un'antologica completa, una carrellata di capolavori, una sintesi del percorso del maestro, sia assurdo e falso. Cosa sarebbero allora le grandi (quelle si) antologiche dedicate al maestro fuori d'Italia, come, tanto per fare un esempio, quella di Londra di una decina (ma non ricordo bene, scusatemi) di anni fa? Questa mostra è una buona mostra, da non perdere soprattutto per noi italiani che di opere di Cézanne nei nostri musei ne abbiamo ben poche, ma è assurdo definirla "grande mostra" o "grande evento artistico", altrimenti di "grandi eventi" artistici ne avremmo, e dovremmo ammetterlo per coerenza, due o tre al mese! Mi sembra che l'editoria italiano, ultimamente, sia un pò troppo buona con eventi del genere e con i curatori delle esposizioni. E' solo un titolo, d'accordo, ma chi pensa che alla mostra milanese di Picasso ci fossero "200 capolavori"? E anche lasciando da parte il titolo, perchè si è parlato di antologica esaustiva e che ripercorreva tutte le tappe del pittore spagnolo? Come è possibile se mancava un quadro, per esempio, che rappresentasse il periodo rosa? Forse questo periodo non è una tappa importante nel percorso di Picasso? vogliamo dire fesserie? e non era l'unica lacuna. Ciò non toglie, naturalmente, che fosse una bella mostra (sono di Perugia e sono tornato a Milano altre due volte per rivederla). Distinguiamo fra buona mostra, o mostra interessante che dir si voglia, e grande antologica, evento culturale dell'anno, e Cerchiamo di presentare le cose per quello che sono, senza gonfiarle, è un bene per l'arte e per i visitatori di mostre.
Come al solito, mi trovo d'accordissimo con il bravo Alf.
Un saluto
Io, per la verità, sto maturando sempre maggiori perplessità riguardo all'opportunità di organizzare antologiche dedicate ai grandi del passato. Sono mostre che costano troppo, nelle quali è praticamente impossibile ottenere tutti i prestiti per documentare adeguatamente l'intero percorso di un'artista. Lo sforzo per organizzare e promuovere eventi del genere spesso si riduce ad essere l'obiettivo principe a discapito della ricerca. Io permango nella convinzione che una mostra dovrebbe invece sempre puntare a dire qualcosa di nuovo, dovrebbe porsi come obiettivo di essere, di lì in poi, un punto di riferimento ineludibile per la storia critica di un artista o un movimento, dovrebbe privilegiare la ricerca innanzitutto. Invece ci troviamo spesso a visitare delle grandi baracconate che cercano soprattutto lo show attraverso il richiamo di un nome o di un'opera. Pochi capolavori, allestimenti zoppicanti, illuminazioni pessime, assurdi percorsi in luoghi inadueguati, cataloghi inconsistenti dalla lussuosa veste grafica caratterizzati da una pochezza di contenuti disarmante, code chilometriche di visitatori imbufaliti che si accalcano a ridosso dei pochi capolavori e se ne escono sempre scontenti, magari giurando "mai più": questi sono gli esiti di molte grandi mostre odierne, con particolare riferimento a quelle di arte moderna e contemporanea (nelle quali ottenere i prestiti dai collezionisti è più difficile e che richiedono l'attivazione di assicurazioni onerosissime). Facciamo più mostre, con meno quadri, che oltre a mostrare dei capolavori ci permettano di capire qualcosa di più e di nuovo su un artista (cito ad esempio, proprio su Cézanne, la mostra di Zurigo di qualche anno fa sugli "incompiuti"); le antologiche dedichiamole piuttosto agli artisti da riscoprire (e ve ne sono molti).
Anch'io, anche se forse dal mio primo intervento non sembra, sono, di fondo, d'accordo con Alf. Il mio ragionamento è questo: le mostre più importanti sono sicuramente quelle che rivelano un'aspetto nuovo di un'artista o di un movimento, e per fare questo è giusto che rinuncino al "ritratto esaustivo", e che si concentrino su un tema più specifico. Non ci dimentichiamo, però, che le mostre possono avere finalità diverse, ed è giusto che le abbiano, se non altro (ma non è l'unico motivo) perchè sono diversi i fruitori: accanto all'esperto, che non può che privilegiare la mostra "focalizzata" su un aspetto, c'è anche il semplice interessato, che magari ha visto una decina di mostre in vita sua, e al quale è più utile non dico necessariamente la grande antologica ma comunque una mostra più "didattica". O vogliamo che l'arte rimanga un fenomeno elitario? Comunque sia, è vero che anche in questi casi, se è giusto spostare il "baricentro" dell'esposizione, non si deve necessariamente ricadere nella neutra e mera "carrellata", senza che alla base ci sia un'idea, un punto di vista (e nella mostra di Cèzanne non c'era). Sicuramente la carenza di mostre che producano un accrescimento significativo nella conoscenza di un artista è ancora più grave dell'assenza di antologiche che siano esaustive di nome e di fatto.
Vorrei chiedervi allora, poichè non sono espertissimo in materia: quali sono le cause principali di questo fenomeno? e' solo una questione di "incassi"? E all'estero le cose stanno un pò meglio? Grazie per la vostra disponibilità.
Giuseppe non definire di cattivo gusto l'Arte Contemporanea, di cattivo gusto è il tuo commento.
Credo che negli ultimi tempi le mostre dedicate ai "grandi" non abbiano più quella serietà di una volta.Così come per la musica,per il cinema o per gli artsti contemporanei che hanno bisogno di un supporto critico che giustifichi ed esemplifichi le loro creazioni di cattivo gusto,anche per i cosiddetti "grandi" è divenuta oramai la stampa ingenua e ingannatrice a dirigere il gioco.Ma ad ogni "giogo",e la storia ce lo insegna,si diventa insofferenti.Gli addetti ai lavori,forse,saranno solerti nel pagare ancora quell'ingresso per borbottare in seguito e sproloquiare ai danni di quel sindaco che si fa fotografare e stampare su una rivista nazionale,con alle spalle l'UNICO vero importante dipinto che valeva la pena di vedere.Rimane una triste realtà:l'Italia,regina dell'arte,giunge sempre di più ad un livello in cui questa diviene mero prodotto di mercificazione;chi permette che arte ci sia,non per l'arte lo fa.Si impastano la bocca di nomi di una certa rilevanza,perché sono questi che attirano i visitatori.E non mi vengano a dire che occorre un pubblico che di arte se ne intenda:quando sono entrato non mi è stato richiesto il curriculum!
Caro Giuseppe,
ogni epoca ha la sua arte, ogni artista vive nel suo tempo e " sente " quello che vive, quello che vede intorno a se, i problemi del suo tempo.
Sarebbe arbitrario pensare di dover pretendere da un artista un suo adeguamento perché la sua arte possa essere intesa.Credo però che perché arte ci possa essere,necessariamente qualcuno dovrà dissertare intorno a colui che si trova alla testa del testo:spero sarai d'accordo con me -M.P.-che l'arte contemporanea sia divenuta innanzitutto riflessione.Non perché questa non intervenisse negli artisti dei secoli precedenti.Invero però vi era un maggior soddisfacimento estetico,il primo livello,che attualmente ha indossato le vesti di una coercitiva senilità,anacronistico e obsoleto,perché l'arte ha e deve avere un suo svolgimento e ciò determina sempre il ripensamento di ciò che precede.Ma capiremmo la dimensione tautologica delle opere specchianti di Pistoletto se non avessimo la possibilità di venire a conoscenza delle sue riflessioni?Vorrei davvero credere ad un valore democratico di quest'arte.Per cui,pubblicizzando a pompa magna un'iniziativa brillante che tende a sancire Cezanne "padre dei moderni",cerchiamo di evitare che anche in questo caso sia regnante la riflessione su ciò che è alla testa del testo,ma piutttosto che venga dimostrato attraverso uno svolgimento figurativo....ma non fu proprio Cezanne a dire quanto le tele instaurassero una sorta di comunicazione?No una S.Victoire,de'I giocatori di carte,pochissimi esempi delle Nature morte,no La casa dell'impiccato e il celebre Le grandi bagnanti che portò a termine nei primissimi anni del '900?Insomma,ancora una volta sembra che sia la riflessione su ciò che non si vede a privilegiare.
Sono pienamente d'accordo!
E sostengo la possibilità di custodire il "sentire" di coloro che furono contemporanei dei loro tempi e di recepire quello dei contemporanei del nostro,affinché un giorno postumo altri possano preservarlo e tramandarlo.
Caro Giuseppe, drogati di meno!!!