Che la percezione della realtà sia la base della ricerca di ogni artista non è una novità . Che un’opera d’arte, in qualsiasi sua manifestazione fattuale, debba essere specchio di una riflessione operata dall’autore – volta a rispecchiare il proprio modo di raccontare il mondo – nemmeno. Eppure nel processo creativo di Marco Strappato, in mostra fino al 9 gennaio presso gli spazi di The Gallery Apart, non c’è nulla di ovvio o scontato.
Se si volesse dargli una definizione, si potrebbe dargli dell’”artista dei paesaggi”, anche qui niente di più banale. Quando, però, ci si avvicina a uno dei suoi collage Untitled – e c’è chi potrebbe pensare di vedere il ghiacciaio di una montagna, chi la distesa dell’oceano – ci si rende conto che in questo caso non c’è nulla di convenzionale. Sul filone della mostra La ripetizione, qualora sia possibile, rende felici (2010) ai tempi in cui la galleria si affacciava ancora in via di Monserrato e dell’ultimo progetto presentato in Via Farini a Milano e alla Fondazione Spinola Banna a Torino, l’artista riprende i risultati della serie Fake Lake continuando a spostare i paesaggi da una dimensione bidimensionale a quella della tridimensionalità .
Il progetto si sviluppa in una triplice manifestazione: alle immagini sporche di inchiostro che fluttuano sulle tre dimensioni x, y, z confuse come bastoncini di shangai, si uniscono i luoghi abbandonati in bianco e nero e i collage tridimensionali, pur sempre not titled ma cifrati come fossero ritratti di persone. Sulle scale, il desolato LOST del Untitled (J) riporta alla serie di Estratti, per i quali Strappato aveva proceduto censurando del video alcuni spezzoni di pellicole cinematografiche e conservando in sovraimpressione solo alcune parole dei sottotitoli (ancora una volta una selezione). Aulica ed imponente Untitled (VF 35) si declina in un gioco di luci e superfici specchianti che ricostruiscono l’intima struttura dello studio dell’artista, unendo la linea dei supporti metallici con la materica presenza delle immagini trovate.
«Il lavoro di Marco è un lavoro “sporco”: l’immagine trovata viene strappata, viene sempre filtrata attraverso un altro medium, non è mai “pulita”», spiega il curatore Claudio Musso, «eppure il risultato è assolutamente elegante, oserei dire suprematista». Anche nel caso della serie Fake Lake le immagini, risultato inaspettato di un lavoro di linguaggio e selezione, erano divenute centrali per la mostra stessa.
«Il paesaggio di Marco rimanda a qualcosa di familiare per lo spettatore. Davanti alla vecchia casa o all’immagine del video in bianco e nero selezionata e rimandata in loop ognuno è libero di raccontarsi una storia; davanti ai collage lo spettatore può mirare a paesaggi immaginifici. In ogni caso queste opere parlano di un immaginario collettivo», continua Musso.
Linguaggio e memoria, memoria e selezione, dinamica di presenza/assenza: queste le tracce da seguire, dunque, per leggere opere che pur in diverse manifestazioni rispettano una totale coerenza d’intenti.
Alessandra Caldarelli
mostra visitata il 22 novembre 2013
dal 22 novembre 2013 al 9 febbraio 2014
Not yet titled
Marco Strappato
The Gallery Apart
Via Francesco Negri, 43 – Roma
Orari: martedì – sabato 15.00 – 19.00 e su appuntamento