Nella Sala Regia del romano Palazzo Venezia -frazionata da strutture mobili- una fuga di ambienti in sequenza. Un percorso in cinque sezioni. Per ricostruire le vicissitudini e i misteriosi retroscena legati al ritrovamento del Bambin Gesù delle mani, opera inedita di Bernardino di Betto (Perugia, 1454 – Siena, 1513) detto Pinturicchio. È al tempo stesso un intrigante viaggio attraverso memorie e documenti e personaggi del passato grazie anche ad una sofisticata tecnologia multimediale. I filmati, condotti dalla voce narrante di Arnoldo Foà, mixano immagini di protagonisti della storia -tratte da opere d’arte- con scene da fiction televisive in salsa rinascimentale (memorabile Adolfo Celi nelle vesti di Papa Borgia). In fondo, il prezioso frammento, un dipinto murale staccato a massello in una cornice lignea dorata della seconda metà del XVII secolo. Un Bambino Gesù di straordinaria bellezza, interprete del caratteristico linguaggio artistico del Pinturicchio. “Nel Bambino si riconoscono gli elementi tardo-gotici della sua pittura”, afferma Franco Ivan Nucciarelli che nel 2004 ha intercettato l’opera sul mercato antiquario e ha convinto all’acquisto il Gruppo Margaritelli. Il Bambino, raffigurato nudo, siede su un cuscino reggendo il globo sormontato da una croce. Sta benedicendo un soggetto fuori campo la cui mano, maschile, gli accarezza il piccolo piede destro. Altre due mani, femminili –sempre appartenenti ad un personaggio assente dalla scena- sfiorano sensualmente il fianco del Bambino e lo sostengono nella posizione eretta. A chi appartiene questo enigmatico intreccio di mani che ha dato nome al dipinto? È il Vasari a lungo smentito, uno dei primi a rivelarlo. Nelle sue celebri Vite scrive infatti che il Pinturicchio, affrescando gli Appartamenti Borgia in Vaticano (1492 -1494), su commissione di
È facile comprendere come il dipinto considerato scandaloso e blasfemo, alla morte di papa Borgia nel 1503, abbia subito gli strali della censura. Occultato e camuffato, nel tempo ha rischiato più volte di essere distrutto, mentre alla fine si è preferito staccarlo e smembrarlo. Di fatto in mostra c’è solo una porzione dell’opera. A scoprirlo nel 1940 è un nobile, storico dell’arte: Giovanni Incisa della Rocchetta che vedendone una copia in un palazzo mantovano, la mette in relazione con due dipinti in possesso della sua famiglia: la Madonna e il Bambino benedicente, superstiti dell’originaria composizione pittorica realizzata in Vaticano. Ancora misteri e sparizioni, fino al recente ritrovamento del Bambin Gesù delle mani da parte di Nucciarelli, che ha consentito al professore di iconologia di ricostruire e raccontare in un libro l’intera vicenda “una storia dal contenuto affascinante e dissacratorio”.
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