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Fino al 9.IX.2017 | RADIEUSE, capitolo GLN | Galleria Rossmut, Roma

di - 30 Agosto 2017
Un’esposizione come sempre non vastissima, ma di grande rigore e qualità. Un progetto che non concede nulla a semplici soluzioni dai risvolti meramentea commerciali, ma che aiuta a capire quello che sta accadendo intorno a noi. Con qualche lampante premonizione che, per molti, corrisponde all’enigma dell’arte contemporanea. Perché alla Galleria Rossmut le opere parlano, raccontano di sé e dell’artista, del presente che gli sta dentro, del futuro che gli sta davanti. E quando si lascia la Galleria si ha sempre l’impressione, o il timore, che qualche dettaglio sia sfuggito, che qualche provocazione sia stata fraintesa o qualche sfumatura tralasciata. Ci è successo in occasione delle magistrali personali di Abel Azcona (2016) e di Carlos Martiel (2017). Ci è accaduto nuovamente in occasione di “RADIEUSE, capitolo GLN”, la collettiva in corso. Come per certi medicinali, l’effetto è insomma a rilascio ritardato.
La Galleria ci accoglie con le sue sembianze da white cube, sobria e squadrata, relegando le opere dei dieci giovani artisti invitati (tutti studenti dell’Accademia reale delle Belle Arti di Bruxelles) in un mondo a parte, sacrale e controllato. È qui che il “raggio geometrico” evocato dal titolo della mostra (RADIEUSE deriva dal latino radius) collega centro e periferia, in un melting pot di scambi, scontri e incontri, fughe, ritorni, sconfinamenti in osmosi con il quartiere circostante, quello di San Lorenzo, e con Roma stessa più in generale. Perché questo progetto proviene sì dalla più algida capitale belga, ma i giovani artisti convitati si sono ibridati, prima della realizzazione delle loro opere, con un’insospettabile romanità, per giunta vespertina, in un confronto con le dimensioni e i concetti di alterità, identità, tempo e spazio scanditi nella città Eterna, tra pratiche, idiomi e linguaggi che ci richiamano alla mente i Caravaggeschi, così come le ultime due generazioni della Nuova Scuola Romana. È il caso, per esempio, di Minok AN, che ha letteralmente steso i panni in galleria con tanto di stendino. Il giovane autore sosterrà di aver tratto ispirazione per questa sua installazione (Festival de la Transpiration) da un’usanza coreana, che consiste nel donare tovaglie con ricami o testi stampati in occasione di cerimonie o altri eventi significativi della vita sociale. Ma nei suoi asciugamani ricamati e stesi, come non vedere la trasformazione di momenti comuni (i panni appesi e messi in bella mostra nei quartieri più popolari dell’Urbe) in momenti unici? Che poi è quello che ogni opera d’arte che si rispetti dovrebbe essere in grado di fare. L’arte, insomma, per il giovane Monik AN deve essere la celebrazione di qualcosa, e non deve ridursi a oggetto da portare a casa e appendere sopra il televisore.
Thomas Merle, No Leaders please, 2017 video e libro
Nell’epoca attuale, nella quale l’esperienza del bello si può fruire con qualsiasi prodotto non solo artistico, ma pure commerciale, sorge l’interrogativo se l’estetica debba includere nel suo orizzonte speculativo anche gli oggetti d’uso. La ricerca di Lola Martins-Coignus sembra rispondere affermativamente. La sua è una “caccia” agli oggetti che trova lungo il suo cammino, scelti per la loro destinazione funzionale e la loro forza estetica e seduttrice, quindi decontestualizzati. Come nel caso dei Bouquets esposti, che testimoniano la sua operazione di scoperta e raccolta di fiori avvenuta nel quartiere San Lorenzo, in particolare nella zona circostante il Cimitero del Verano. Oggetti dall’apparenza anonima e ordinaria, ma che acquistano nuova vitalità, appositamente risemantizzati, intessendo una narrazione eterogenea capace di disorientare, emozionare, commuovere.
No Leaders Please è l’opera realizzata da Thomas Merle incentrata, invece, sul concetto di distruzione, scomparsa, estinzione, passaggio e di instabilità del tempo. Il risultato, quanto mai efficace, è un progetto visuale che rivela familiarità con l’assenza e lo scorrere implacabile di un tempo che annienta, sfalda e dissolve, secondo logiche naturali o meno, comuni a qualunque organismo. Si tratta di un video documentativo di una performance accompagnato da un opuscolo: il processo preliminare ha visto la realizzazione di 6.702 palline di gesso, che l’artista stesso ha poi provveduto a frantumare. Accanto al video, Merle ha posizionato in galleria un’altra opera site specific: due barattoli di vetro, il primo contenente monete di gesso da lui plasmate con sopra incisa la lettera I (che, oltre a richiamare il pronome personale inglese, fa riferimento alla lettera yod, ovvero “mano” nell’alfabeto fenicio), e l’altro con una soluzione chimica all’interno. Il liquido contenuto in quest’ultimo barattolo porta alla graduale dissoluzione degli oggetti in questione e ciascuno dei visitatori può scegliere se passare o meno le monete dall’uno all’altro contenitore, determinandone così la permanenza o la distruzione. Sostituendosi, anche se solo per un momento, alla Natura. O a Dio. O, forse, all’incalzante upgrade tecnologico.
Cesare Biasini Selvaggi
Mostra visitata il 26 luglio
Dal 13 luglio al 9 settembre 2017
RADIEUSE, capitolo GLN
Artisti: Min Ok AN, Jean CASANOVA CASTELL, Ophélie FRIBERG, Lola MARTINS-COIGNUS, Shankar LESTREHAN Thomas MERLE, Ulysse NAVARRO, Lucas ROMAN, Tanya VARBANOVA, Hadrien VERLINDEN
Galleria Rossmut
via dei Reti, 29/b Roma
Orari: da lunedì a venerdì dalle 16:00 alle 20:00
Info: www.rossmut.com – info@rossmut.com – tel. e fax 06 5803788

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