Non c’è azione, negli scatti di Jules Spinatsch (Davos, Svizzera, 1964). Il momento scelto è sempre laterale, precedente o successivo allo scatenarsi degli eventi. Temporary Discomfort documenta, attraverso cinque serie di immagini, lo stato di allerta che si crea nelle città in occasione dei grandi vertici internazionali: a Davos, New York, Genova, Evian. Luoghi normali, ritratti però in situazioni di subitanea e violenta eccezionalità: in pieno stato di emergenza. L’approccio è piano e anti-retorico, non solo nella scelta dei soggetti, ma anche nello stile, che supera il mero fotogiornalismo -sul quale Spinatsch conduce una riflessione profonda- fondendosi con la muta eloquenza del fermo immagine da video-sorveglianza.
Il fotografo svizzero (vincitore, nel 2004, del prestigioso premio ParisPhoto) si sofferma sullo sfondo, non si getta nella mischia ma resta nelle retrovie. Non documenta gli scontri, i cortei o le strette di mano tra potenti, ma amplifica il silenzio, che si fa colonna sonora della tensione. Le strade deserte, i negozi chiusi, le vetrine protette da assi di legno, i loghi coperti -possibili bersagli da neutralizzare- i blocchi stradali, le auto della polizia. L’atmosfera è quella del coprifuoco, il fulcro del racconto sempre il controllo. Un controllo rigido e pianificato, che non ammette fuori programma, portando l’atteggiamento precauzionale verso limiti parossistici.
Gli edifici di Evian (luglio 2002) sono ricoperti di alte e solide palizzate di legno giallo, gli interni e le vetrine rivestiti di compensato; il mare di Genova (luglio 2001) è limpido e vuoto, i container diventano barricate improvvisate; gli incroci di New York (gennaio 2002) assediati da polizia e postazioni radiotelevisive.
E infine la nevosa Davos (gennaio 2003), città natale di Spinatsch. Qui, il fotografo svizzero ha utilizzato un gruppo di telecamere per la videosorveglianza, controllabili a distanza e collegate ad un server, e le ha puntate sul blindatissimo Centro Congressi, sul vicino Kurpark e sul Congress Hotel. Le immagini venivano poi inviate a Zurigo, dove, nelle sale del Kunstraum Walcheturm prendeva vita, giorno per giorno e per tutta la durata del summit, un wall-panorama composto da 1446 fogli A3 stampati in diversi momenti del giorno e della settimana (nell’arco di due ore quelli dell’asse orizzontale e di sei giorni quello verticale). A Roma il panorama è stato ricostruito e copre l’intero muro di fondo della galleria, accompagnato da due slide show delle immagini riprese dalle videocamere. Il risultato è un’immagine fissa e in movimento, intrinsecamente paradossale; i fogli di carta come pixel di una foto sgranata.
La visione complessiva fa collassare i singoli minuti in un vibrante senso di presente. Riferimento diretto, inoltre, ed efficace prosecuzione del tema dell’assedio, leit motiv dell’intero ciclo, sono alcuni panorami di battaglia dell’Ottocento, in cui eventi temporalmente distanti venivano riuniti in un grande, unico affresco.
valentina tanni
mostra visitata il 7 aprile 2006
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Mostra, ben articolata e molto interessante.
Complimenti