Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
04
maggio 2009
Il lavoro di Andrea Mete (Roma, 1985) riconduce, in parte, a un’influenza pop. Una chiara visione della realtà, che attornia l’osservatore con tinte eccentriche e marcate, ma non solo. Un’energia vibrante, che si manifesta con dinamiche strisce luminose e con una rappresentazione della vita che sembra in perenne corsa. Però c’è sempre qualcosa di sfuggente nella loro resa. In effetti, ciò che colpisce non è solo la particolarità dei colori.
Il fotografo romano immortala soggetti che fanno parte della vita quotidiana: alberi, biciclette, uccelli e cieli, caricandoli di un surplus surreale. Colori appariscenti e vivaci invadono la prima pelle dell’immagine; il substrato, invece, è come se fosse reso in positivo: quello che dovrebbe esser nero è di un bianco accecante, e viceversa. Tale tecnica veste la fotografia di una patina spettrale, che contrasta l’effetto del colore brillante, ma allo stesso tempo lo potenzia.
Il lavoro di post-produzione che Andrea Mete compie sulle fotografie originali le carica di una briosa energia visiva. Sono, infatti, i ritocchi con il colore che delineano la particolarità del tutto. Si possono allora definire ancora fotografie? O il rimaneggiamento dell’immagine le ha tramutate in qualcos’altro?
Si capisce dunque come l’autore usi il mezzo fotografico come incipit, come recettore dell’immagine, ma poi lo lasci scivolar via, prediligendo una resa estetica differente, di maggior impatto. Tutto ciò Mete lo fa alla luce del sole, senza voler trarre in inganno l’osservatore.
Un altro importante tassello per la resa di un’immagine alquanto curiosa è la profondità del soggetto immortalato, tanto da apparire quasi come il ritratto di un’installazione. L’installazione, infatti, va oltre il reale. Spesso è costituita da piccoli frammenti di realtà, ma nell’insieme deve possedere una valenza che la oltrepassa, una profondità visiva che sia dinamica, un insito significato che strabordi dalle sue pareti. E tali sono i soggetti di Andrea Mete.
Con una sola differenza: quest’energia, dal giovane fotografo romano, può essere solamente rappresentata.
Il fotografo romano immortala soggetti che fanno parte della vita quotidiana: alberi, biciclette, uccelli e cieli, caricandoli di un surplus surreale. Colori appariscenti e vivaci invadono la prima pelle dell’immagine; il substrato, invece, è come se fosse reso in positivo: quello che dovrebbe esser nero è di un bianco accecante, e viceversa. Tale tecnica veste la fotografia di una patina spettrale, che contrasta l’effetto del colore brillante, ma allo stesso tempo lo potenzia.
Il lavoro di post-produzione che Andrea Mete compie sulle fotografie originali le carica di una briosa energia visiva. Sono, infatti, i ritocchi con il colore che delineano la particolarità del tutto. Si possono allora definire ancora fotografie? O il rimaneggiamento dell’immagine le ha tramutate in qualcos’altro?
Si capisce dunque come l’autore usi il mezzo fotografico come incipit, come recettore dell’immagine, ma poi lo lasci scivolar via, prediligendo una resa estetica differente, di maggior impatto. Tutto ciò Mete lo fa alla luce del sole, senza voler trarre in inganno l’osservatore.
Un altro importante tassello per la resa di un’immagine alquanto curiosa è la profondità del soggetto immortalato, tanto da apparire quasi come il ritratto di un’installazione. L’installazione, infatti, va oltre il reale. Spesso è costituita da piccoli frammenti di realtà, ma nell’insieme deve possedere una valenza che la oltrepassa, una profondità visiva che sia dinamica, un insito significato che strabordi dalle sue pareti. E tali sono i soggetti di Andrea Mete.
Con una sola differenza: quest’energia, dal giovane fotografo romano, può essere solamente rappresentata.
francesca orsi
mostra visitata il 21 aprile 2009
dal 23 marzo al 9 maggio 2009
Andrea Mete – The other side of the world
a cura di Maria Chiara Salmeri e Flavia Montecchi
Galleria Luxardo
Via di Tor di Nona, 39 (centro storico) – 00186 Roma
Orario: da martedì a sabato ore 16-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 066780393; info@gallerialuxardo.com; www.gallerialuxardo.com
[exibart]