Categorie: roma

fino al 9.VI.2007 | Livadiotti / Montanino | Roma, Romberg

di - 31 Maggio 2007

Ciò che avviene sulle dieci tele di Massimo Livadiotti (Zavia, 1959), che la galleria Romberg ha scelto di presentare a Roma dopo la personale a Latina nel 2005, è la messa in forma di uno spazio in cui l’osservatore è chiamato chiaramente in causa. Il Rebus, gioco linguistico per eccellenza, diventa il protagonista delle ultime opere dell’artista, qui presentate in una collocazione strategica al piano superiore, mettendosi a confronto con quelle che, al piano inferiore, propongono una riflessione sulla natura più tecnica che testuale del dipinto. La contemplazione si trasforma in una ludica partecipazione, alla scoperta del titolo enigmatico contenuto nella rappresentazione. Le “lettere”, tra le figure che campeggiano sulla tela, ne fanno da padrone, il tutto s’inserisce su di un piano di riferimenti e di citazioni alla mitologia, all’arte moderna, all’esperienza di viaggio dell’artista. L’artificio linguistico contamina i paesaggi chiaramente mediterranei: così il mare, le rovine classiche monumentali, i colori limpidi, i contorni netti, non sono solo uno sfondo al gioco voluto ma un elemento fondamentale. Il paesaggio naturale mostra la sua referenza a de Chirico: sospeso e silenzioso. Eppure in Livadiotti cade ogni turbamento metafisico. Ogni elemento si lega all’altro, lettera a figura, generando un loop di sensi che non può non far parlare di arte relazionale e dialogante (Gianluca Marziani).

Critto(3)grammi, perché l’esposizione si articola anche su una riflessione sui numeri che l’artista fa, cui è dedicato specifico spazio. La simbologia, la kabbala, l’elemento magico permea le tele al piano inferiore, e si unisce alla scelta di una sorta di biografia iconografica che l’artista fa di sé, attraverso il ricorso di alcune icone usate in passato.
Quadri non finiti, rivelano il tecnicismo del reticolato (17, 2006), la sperimentazione del colore attraverso una pratica divisionista (12, 2006), l’uso di una materialità pittorica differente -più affine al realismo (13, 2006)- rispetto alla bordatura evidente della maggior parte delle opere. Ogni figura si lega ad un numero. Per finire, una scultura in terracotta dipinta, più in ombra rispetto al corpus, sembra essere uno dei frammenti di statue classiche ricorrenti più volte nelle restanti tele. Una fuoriuscita dalla superficie, un invito ad una contemplazione che si fa tattile oltre che intellettuale. Come in Magritte, è senza dubbio l’ironia, il gioco di parole e numeri, a legare l’osservatore il più possibile all’atto del vedere, il piacere di scoprire quello che Gianluca Marziani, nell’introduzione all’artista, sostiene essere un messaggio denso; aggiungiamo noi: anche gioioso.
Si potrebbe tentare di scovare un punto di contatto con la seconda artista presente, Veronica Montanino (Roma, 1973), che tuttavia risulterebbe forzato. Accettiamo l’enigma come tema fondante la mostra e ci accontentiamo di godere dell’estetica pop che anima la vetrina della galleria ad opera della giovane artista. Un’opera certosina di colate di acrilico, lasciate ad asciugare una per una, atta a creare un fragile bassorilievo di colori in superficie che proiettano, superata la soglia del vetro, un gioco di ombre all’interno, nel doppio fondo. Su di esso campeggiano figurine, ombre di esseri sovrannaturali, sagomati alla maniera di un retino fumettistico. La sola vetrina forse non basta per rendere conto dell’arte della Montanino, ne intravediamo però quella capacità di estetizzare e rendere vivibili gli spazi a cui guardiamo distrattamente.

chiara li volti
mostra visitata il 10 maggio 2007


dal 5 maggio 2007 al 9 giugno 2007
SoloShow VolumeSei: Massimo Livadiotti
CameraConVista VolumeSei: Veronica Montanino
Romber Arte Contemporanea a cura di Italo Bergantini e Ganluca Marziani
Piazza de’ Ricci, 127 ROMA – ingresso libero
Tel. 06.68806377 – e-mail: artecontemporanea@romberg.it
Orario: dal mart. al ven. 16.00-20.00, sab. 14.00 – 20.00, chiuso lunedì e festivi


[exibart]

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