28 febbraio 2007

fino all’1.IV.2007 George Lilanga Roma, Museo Andersen

 
Un’ampia retrospettiva di un maestro dell’arte africana nel Novecento. Tra spinte di mercato e genuina narrativa visiva. Una mostra che lascia però qualche dubbio nel visitatore. Tra certificazioni e autentiche...

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Con le oltre cento opere radunate a circa due anni dalla morte di George Lilanga, la mostra in corso nella sede sontuosa e demodé del museo Andersen di Roma costituisce indubbiamente un’occasione interessante per avvicinarsi all’opera di uno tra gli artisti africani -di nazionalità tanzanese ed etnia makonde- più importanti del Novecento, sicuramente il più conosciuto a livello internazionale.
Sul Picasso d’Africa, come riporta l’etichetta pubblicitaria prontamente appiccicatagli sull’onda del suo successo mercantile, molto è già stato detto e scritto (anche su Exibart: si veda ad esempio l’articolo di Anita Pepe in occasione di una mostra napoletana del 2006).
Qui cogliamo l’occasione per sottolineare ancora lo straordinario slancio creativo dimostrato dall’artista soprattutto nella fase iniziale degli anni Settanta, quando al lavoro come guardiano notturno alla Casa dell’Arte di Dar Es Salaam, Lilanga alternava la realizzazione di sorprendenti opere su lastre di ferro, pitture a olio (con la faesite ricavata dai tetti dismessi delle baracche come supporto), sculture lignee e incisioni su pelli di capra dalle virtuosistiche tecniche d’inchiostratura. L’iconografia, costantemente incentrata sulle gesta minimali e quotidiane degli Shetani, dinoccolati diavoletti derivati dall’immaginario della cultura d’origine, è in questo periodo caratterizzata da un brulicante assieparsi di forme e figure che, col tempo, pittoricamente si diluirà sempre più entro fondali squillanti dai colori sfumati.
La progressiva deriva pop verso quella che George Lilanga, Senza Titolo, 1975 Lara Vinca-Masini in catalogo ha acutamente definito un’accademia di se stesso, se storicamente va ricollegata al successo internazionale seguito ad una fortunosa esposizione tenuta a New York nel 1978 (esposizione che peraltro ebbe un impatto determinante su un artista come Keith Haring, il quale non fece mistero di aver ripreso diversi elementi del suo animato mondo figurale dal maestro africano), dall’altro induce anche a riflettere sui rischi di svuotamento culturale a cui regolarmente va incontro l’inserimento di esperienze artistiche extra-occidentali nei circuiti commerciali più stabiliti. Del resto, è notorio come Lilanga sia tra gli artisti preferiti dai falsari –e la sua produzione sterminata, realizzata con l’aiuto di un’efficiente bottega, certo non aiuta a discernere il grano dal loglio– ma non si può negare che le avvertenze ricorrenti in mostra e in catalogo su questioni di certificazioni e autentiche esclusive, producano alla fine un qualche imbarazzo nell’osservatore.

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George Lilanga – a cura di Luca Faccenda e Marco Parri
dal 23 gennaio al 1 aprile 2007 – Museo Hendrik C. Andersen
Via Pasquale Stanislao Mancini 20 (Piazzale Flaminio)
da martedì a domenica ore 9-19.30. Chiuso lunedì
per informazioni tel. 063219089
comunicazione.gnam@arti.beniculturali.it
www.gnam.arti.beniculturali.it


[exibart]

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