La
critica musicale stravede per gli americani Destroy All Monsters. La band è di
culto, l’anno di fondazione il 1973, la scena di riferimento quella dirompente
di Detroit. A fronte di una produzione piuttosto limitata in termini
quantitativi, le etichette utilizzate per inquadrare l’originalità del suo “anti-rock”
psichedelico e proto-industrial si sprecano.
Rintracciare
in questa esperienza lo snodo seventies tra i pesi massimi Velvet Underground e
Sonic Youth è ancora poco. Anche l’esperto d’arte contemporanea sgrana gli
occhi, perché oltre al film-maker Cary Loren e alla leggendaria vocalist Niagara,
nella line-up originaria figuravano Mike Kelley e Jim Shaw, due che nel prosieguo si sono
fatti valere come artisti visivi. Considerato poi che il progetto funzionava
effettivamente come una centrale creativa (film, concerti-performance e una
rivista in cui trovavano spazio sperimentazioni prettamente visuali), si
capisce perché l’intellighenzia a trazione hipster della East Coast riscopra la
vicenda Destroy All Monsters e celebri in essa non soltanto un fenomeno
musicale, ma proprio l’estetica controculturale del secolo scorso in Occidente.
La
mostra-evento Hungry For Death, curata dal co-fondatore Cary Loren, sottopone al
pubblico il tesoro documentario costituito dal materiale presente nell’archivio
della band, riunitasi nel 1996. Presentata a New York la scorsa estate nel
bookstore di Printed Matter, giunge a Roma dopo aver fatto tappa a St. Louis
(White Flags Projects), Oslo (0047) e Londra (The Space). La pulizia
dell’allestimento affranca l’operazione dal rischio trendy-vintagista,
sopprimendo lungaggini nella fruizione di un corpus debordante oltre che
caleidoscopico.
D’altro
canto, il pericolo di incartarsi in un filologismo compunto è stato scongiurato
evitando criteri museografici nella collocazione, in teche e pannelli a parete,
di rarities come poster, flyer, locandine, e di oggetti meno volatili come
collage, dattiloscritti e fotografie, proprio per consentire al visitatore di
soffermarsi liberamente sui mille dettagli di un’epopea sentita come un tutto
organico.
La
visionarietà del rock come fissativo di un’area culturale vastissima, che
partendo dalle avanguardie storiche passa per l’utopia della beat generation e
giunge fino a noi, costituisce una proposta di riflessione attuale e tutt’altro
che ingenua. Nel campo delle arti visive, in relazione alle istanze più recenti
risultano infatti di sicura rilevanza l’anelito a una poetica dell’abrasivo e
il recupero di un certo spontaneismo di matrice dadaista, benché in forme
spesso anti-narrative e tendenti al prezioso.
Occasioni
come questa mostra non soltanto aiutano ad approfondire le corrispondenze fra
storia dell’arte e storia della musica contemporanee, ma evidenziano pure
l’esigenza di ripensare l’uso banalmente estensivo della definizione di ‘pop’
quando ci si riferisce a un’estetica e a un immaginario più propriamente
ascrivibili al rock e alle sue declinazioni.
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Mike
Kelley e la band
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mostra
visitata il 13 maggio 2010
dal 13 maggio all’undici giugno 2010
Destroy
All Monsters – Hungry for Death
a cura di James Hoff e Cary Loren
American
Academy
Via Masina, 5
– 00153 Roma
Orario: da
lunedì a venerdì ore 9.30-12.30
Ingresso
libero
Info: tel. +39
0658461; fax +39 065810788; info@neromagazine.it; www.departfoundation.org
[exibart]
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