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fino all’11.XII.2010 Señales Rojas Roma, sedi varie
roma
Un ciclo espositivo, al secondo appuntamento, che amplia la propria visione e coinvolge altre realtà. Una mostra che pone interrogativi e spinge a riflessioni. Per non avallare lo stato delle cose...
nell’oceano, “fare qualcosa” acquista il significato di esprimere il proprio
dissenso e indignazione, di tentare di scuotere le menti intorpidite e,
addirittura, assuefatte. Affinché s’inneschino quei meccanismi in grado di
mettere fine all’indifferenza e di attuare cambiamenti che conducano a una
presa di coscienza, per un reale sviluppo di una società nel segno della
tolleranza e della fratellanza.
Progetto ambizioso? Sicuramente,
ma solo per chi vuole rimanere con le mani in mano. È infatti con questo
spirito che gli artisti e anche tutti gli spazi espositivi aderenti hanno
voluto dare il proprio contributo partecipando all’iniziativa Señales Rojas. Spirito colto anche dal pubblico che, mappa alla
mano, nella serata inaugurale ha attraversato le vie del centro, alla ricerca
delle performance appositamente eseguite (di Mary Zygouri, nello Studio Stefania Miscetti; di Claudia Padoan, nella Casa
Internazionale delle Donne; di conceptinprogress,
da Furini Arte Contemporanea) o degli eventi organizzati per l’occasione (i
video di Gea Casolaro da The Gallery
Apart, di Francesco Impellizzeri al
Mlac e di Myriam Laplante alla
Fondazione Volume!).
Infatti, costituiscono Señales Rojas l’omonima collettiva alla Galleria IILA, nucleo
dell’iniziativa; la serata collettiva dell’11 novembre, col percorso tematico
sviluppato dagli spazi espositivi partecipanti; la tavola rotonda del 12
novembre e la performance di Manuela
Viera-Gallo domani).
“Un’arte contro la proliferazione della barbarie, perché ritengo”,
afferma la curatrice in catalogo, “che
lo sguardo dell’artista apra un
territorio privilegiato dove le emozioni contano più delle parole”. Perché
la mostra è la riunione dei “segnali rossi”, di quei lavori cioè che esprimono
una denuncia alle diverse forme di violenza.
L’installazione 500 ways (2006) di Jota Castro e Tenda
Enterprice 1 e 2 (2009) di Emilio Leofreddi esprimono la violenza fisica e psicologica che spesso
subiscono i migranti, allorquando lasciano la propria terra alla ricerca di una
vita migliore. E Regina José Galindo, con
il video Curso de supervivencia para
ombre y myjeres que viajarán de
manera ilegal a los Estados Unidos (2007), fornisce tutti quei
consigli universalmente utili a chi è costretto a nascondersi perché clandestino.
Clandestino che, nel video Sujeto móvil (2010) di María Rosa Jijón, può addirittura
assumere, agli occhi degli abitanti del Paese “ospitante”, un aspetto
criminale.
Con le fotografie incluse
nell’installazione Sonno Anatomico.
Tavolo dei neonati (2010), Alejandro
Gómez de Tuddo racconta di un’altra forma di
violenza: quella di neonati in formalina anonimi, dimenticati nei laboratori di
una Facoltà di Medicina. Tema centrale anche di Jorge Pineda nell’opera Me voy: Norte (2005), i bambini, che si
ritrovano molto spesso a vivere da emarginati. Manuela Viera-Gallo, con la sua video-installazione Domestic Violence (2009), denuncia
invece gli abusi perpetrati in molte famiglie, mentre Camilo Yáñez con Apretar el gatillo (2010) pone l’accento
sulla violenza correlata ai legami fra politica e denaro.
Galindo
a Milano
Jota Castro a Napoli
daniela trincia
mostra visitata il 12 novembre
2010
dall’undici novembre all’undici dicembre 2010
Señales
Rojas
a cura di
Patricia Rivadeneira
Sedi varie – 00100 Roma
Catalogo Edizioni Volume!
Info: tel. (segreteria IILA)
+39 0668492.224; s.culturale@iila.org
[exibart]