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fino all’8.I.2006 Moshekwa Langa Roma, MAXXI
roma
Un artista giovane cerca la propria identità. Tra radici africane e arte occidentale. Accumulando spunti interessanti in immagini dall’iconografia complessa. Stretta la parentela con Basquiat...
di Luca Arnaudo
Niente di nuovo, piuttosto interessante. Questa è la prima impressione ricavata dalla visita all’ampia personale di Moshekwa Langa, giovane artista sudafricano (è nato nel 1975 a Johannesburg) da diversi anni residente ad Amsterdam e lanciatissimo a livello internazionale (è dell’anno scorso un’altra sua personale al Contemporary Arts Center di Cincinnati, mentre alcune sue opere sono attualmente presenti nell’importante collettiva Person in the crowd, al Contemporary Museum di Baltimora).
Le presentazioni dedicategli solitamente insistono sulla sua condizione di (volontario) esiliato post-apartheid, nonché sulla sua profonda conoscenza dell’arte moderna e contemporanea europea, che medierebbe con le proprie ascendenze artistiche africane. Quel che è certo è che l’opera di Langa dichiara visivamente una profonda serie di richiami storici, con risultati che alle volte appaiono fin troppo legati ai suoi personali ‘antichi maestri’. La critica, a partire da quella in catalogo, non si è sottratta al gioco delle nomine e anzi pare averci preso gusto a trovare “numerosi, sottili richiami e radici o controparti nell’arte di un Oyvind Fahlström, Paul Klee, di Theo Van Doesburg, Arthur Köpke, Giacometti, Larry Clark, Constant, Jean Dubuffet, Anni Albers, Pasolini, [Pasolini? ndr] Robert Filion, Jack Pierson e altri ancora” (Rita Kersting). Questo per quel che riguarda in modo particolare i lavori figurativi su carta, ritratti cupi dove i colori a tempera si rivelano assai adatti alla resa di un immaginario, quale quello esposto, fatto di corpi contorti e volti simili a maschere, senz’altro più di matrice espressionista o art brut che africana. Passando alle opere realizzate con fili accumulati caoticamente sulla superficie -forse i lavori più interessanti in mostra, assai suggestivi nelle loro risonanze di spazi cosmici e oscuri- i rimandi sono a “i migliori autori di ghirigori del XX secolo: Cy Twombly, Bill Traylor, Louise Bourgeois e Jean-Michel Basquiat” (Nicola Brandt). Ecco, Basquiat. A voler salire anche noi sulla giostra dei nomi, questo è sicuramente quello che più ritorna in mente ad ogni sala e, praticamente, dinanzi a ogni opera, salvo forse per alcuni ampi collage che stratificano e rimescolano con una certa sapienza archivi immaginali di proprietà individuale e collettiva (ma, anche in questo caso, carrettate di citazioni e parentele spirituali sarebbero pronte per essere versate a richiesta). Al giovane e tragico genio afrocaraibico di New York, Langa si avvicina per la nervosità del tratto e l’accumulazione estetica di scritte-graffiti, principi di una pittura che si fa gergo visivo scomposto e trascinante, sicuramente d’impatto. Il problema, a voler essere drastici, è che quando ci si fa coinvolgere tanto coscientemente in un confronto con riferimenti così noti e riconoscibili, conta chi sia arrivato per primo al traguardo. E Basquiat è morto da quasi vent’anni…
luca arnaudo
mostra visitata il 20 ottobre 2005
Moshekwa Langa – a cura di Paolo Colombo
MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Via Guido Reni, 2 (Flaminio)
dall’8 ottobre 2005 all8 gennaio 2006 – da martedì a domenica ore 11.00 – 19.00, chiuso lunedì – ingresso gratuito – per informazioni: tel. 06 58434850
catalogo Electa
[exibart]