Il silenzio, come dimostra la recente astensione di Giulio Andreotti dalla votazione in Senato -che ha contribuito alla caduta del governo Prodi- può rivelarsi una mossa politica d’effetto dirompente. Della propria abilità nel tacere, piuttosto che parlare o agire d’impulso, quando lo ritiene necessario, il senatore ha conversato con
Chris Evans (Eastrington, 1967). L’artista britannico, che identifica la Capitale con il potere politico e i suoi compromessi, ha intervistato quattro protagonisti della recente storia italiana: Giulio Andreotti, Giulio Caradonna, Emanuele Macaluso e Oscar Mammì. Ha chiesto loro di definire il concetto di “sacrificio” e di immaginarlo, poi lo ha visualizzato in oggetti-simbolo da inserire all’interno di una scuola romana. Con il fine di incentivare spazi di riflessione e dialogo sulla dimensione simbolica e affettiva dello sviluppo sociale e culturale degli studenti.
I progetti di Chris Evans traggono origine dall’analisi del processo interrelazionale tra l’artista e gruppi sociali istituzionalizzati, riguardo a un soggetto da lui stesso indicato.
Ricordiamo
Radical Loyalty (2002), pianificazione di un parco in Estonia le cui sculture, sul tema della “lealtà”, sono ideate da un’alleanza con amministratori delegati di compagnie internazionali e un collettivo di artisti responsabili della costruzione di monumenti del Paese, durante l’epoca di occupazione sovietica. Di fatto, Evans è profondamente conscio dell’impossibilità di separare l’opera d’arte dal contesto sociale e politico in cui essa si esplicita ma, a differenza degli artisti politicamente impegnati dell’ultima generazione, “
non chiede all’arte di rinunciare a qualsiasi connessione con la sua personale poetica o fantasiosa indagine” (Will Bradley).
I lavori proposti in questa mostra sono frutto di un confronto che ha generato idee, schizzi, disegni, prototipi da cui l’artista scozzese ha tratto immagini e maquette allegoriche e il breve film
The school of improvement. Le differenze formali tra un’opera e l’altra e l’uso impersonale dell’aerografo le riduce a emblemi commemorativi del compromesso, il più delle volte inscindibile dall’attività politica.
È una divisa scolastica l’oggetto-simbolo concepito da Andreotti. Sulla stoffa candida, in azzurro, la serigrafia di una mano che stringe un fiammifero nell’atto di spegnersi.
Secondo il politico democristiano è la rappresentazione del proprio autocontrollo, spesso esercitato nella vita pubblica con grande sacrificio. Per Caradonna, ex membro dell’Msi, sacrificarsi è la capacità di fare a meno di tutto. La sua parete da arrampicata, da realizzarsi in futuro in una palestra, si ispira a Thomas Carlyle. I tratti del filosofo amato da Hitler sono riconoscibili negli appigli del muro dipinto da Evans in chiave magrittiana.
Macaluso vagheggia uno psichedelico orizzonte infinito che ci spinge all’azione, pur consapevoli dell’impossibilità di raggiungerlo: il sacrificio affrontato nella sua carriera politica all’interno del Partito Comunista. L’immagine optical, sui toni del rosso e del giallo, è serigrafata su una tenda veneziana. Infine Mammì, ex ministro delle Telecomunicazioni, individua la figura dell’ermafrodito. Lo fa interprete dell’impossibilità di affermare un’identità precisa, tipica dei governi di coalizione. Da Evans è raffigurato come un rubinetto-anthurium. La metafora dell’ibrido è riconducibile al
Quarto sesso, l’adolescenza. Dolente e travolgente rito di passaggio, vede svanire il disimpegno dell’infanzia, con la sconcertante consapevolezza di un futuro che riserva sacrifici e scelte. “
La vita non sarà mai semplice. Questo è solo l’inizio”.