Ad
accogliere Sua Maestà la regina di Norvegia è, soprattutto, il calore di un
drappello di sudditi stanziati nella Città Eterna. L’occasione è l’apertura
della mostra – prima personale in Italia – di
Morten Krogvold (Oslo, 1950), fotografo nonché direttore artistico
di
Nordic Light International Festival of Photography.
Affascinato
dall’armonia dell’antico, ma pure dalla relazione fra monumento e paesaggio
urbano, dal fluire della contemporaneità in un contesto così segnatamente
imponente, Krogvold torna a Roma da tempo.
Molti,
del resto, sono i suoi connazionali che l’hanno preceduto: Henrik Ibsen, ad
esempio, che proprio nella Basilica di San Pietro concepiva il dramma
Brand (1865-66). Ma
Luoghi a Roma – Steder I Roma, ospitata a Palazzo Braschi, fa parte di un’idea
molto più ampia. A parlarne è il curatore, l’architetto
Thomas Thiis-Evensen, responsabile del progetto di mediazione culturale
della Fondazione “Strade che partono da Roma” e autore del volume
Roma – syv
vandringer, a cui ha partecipato
anche Morten Krogvold. Iniziative realizzate, entrambe, in occasione del
cinquantenario dell’Istituto di Norvegia a Roma.
Munito
di una vecchia Hasselblad 6×6, con cui ha scattato la maggior parte delle
immagini, il fotografo ha privilegiato soggetti avvolti nella luce fredda dei
mesi autunnali e invernali. Uno scorcio di Piazza del Popolo con vista
prospettica dei sampietrini bagnati, che prosegue fino alle chiese gemelle di
Santa Maria in Montesanto e di Santa Maria dei Miracoli; lo spicchio di luna più
su del Pantheon; la tomba neoclassica di un defunto americano con l’angelo
accasciato.
“
A
Roma si sente la presenza della morte”,
afferma l’artista.
“
L’incontro con le magnifiche chiese, i
monumenti e i cipressi dei cimiteri fa nascere, ispira sensazioni nostalgiche e
malinconiche”. È questo,
inevitabilmente, il filo conduttore del lavoro, modulato dalla presenza della
luce, ottenuta con lunghi tempi d’esposizione.
Negli
interni la visione tende a esser più descrittiva, con qualche accenno di
enigmaticità: due suore brigidine, con la tipica corona sul velo, inginocchiate
nella chiesa dedicata alla santa svedese; il marmo levigato da
Michelangelo o
Canova, che si trasforma in vene, costole, pieghe di tessuti. Al contrario,
la testa di leone (un vero felino) sembra più una pittorica presenza.
Uno
sguardo anche ai nostri tempi, con le nuvole che abbracciano l’Auditorium e un
nostalgico manifesto della
Dolce vita esposto all’Isola del Cinema.
“
L’architettura di Roma possiede una bellezza
senza tempo, che può anche diventare ‘troppo’ bella”, continua Krogvold. “
Fondamentale non è quanto
sia ‘bello’ l’oggetto, ma come esso è trattato. Bisogna ‘conquistare’ quello
che fotografiamo, senza che il soggetto sia d’intralcio all’immagine”.