La mostra realizzata ad hoc per gli spazi dell’ex officina di Via Piave 66, è il risultato di una sintesi di due vecchi progetti Black Box, del 2008 – 2010 e W.W.Y.B.W.Y.S.I.B. del 2010, due lavori che entrano in collisione tra loro e risultano essere l’uno complementare dell’altro.
La fotografia in quanto mezzo meccanico capace di riprodurre e di riprodursi viene dunque concepita non come tecnica attraverso la quale fermare l’istante nell’immagine ma per sperimentare e ricercare nuove possibilità compositive e narrative dei segni, delle immagini, della forma.
Segno che diventa traccia del tempo non più usato e inteso come testimonianza di un passaggio, bensì come “censura”, privazione di una parte dell’immagine, quindi se la fotografia rappresenta un momento importante dell’immagine fermato nel tempo, assistiamo ad uno slittamento di senso, quindi ad una nova definizione del rapporto tra spazio tempo e immagine. Il processo fotografico adottato da Bergantini risulta alquanto complesso, infatti il suo lavoro va costituendosi e prende forma attraverso vari step. Nostalgico e tradizionalista adotta per i suoi scatti il banco ottico proprio per far si che le immagini risultino sempre molto fedeli alla realtà, quindi una volta ottenuta la lastra esegue
Tutti gli interventi che l’artista realizza sul negativo vengono registrati sulla superficie di ogni fotografia infondendo all’immagine un significato mutevole visto che i graffi o strappi, ivi impressi vanno ad assumere un ruolo preciso, diventando una complessa architettura segnica grazie alla quale è possibile identificare un codice espressivo che assurge ormai a marchio di fabbrica. Dentro c’è tutto un mondo, una sensibilità formale sedimentata in un lungo e delicato processo dove le immagini segnano identità, appartenenze, interferenze, ma allo stesso tempo ridefiniscono il rapporto tra il contenuto e la forma. Sembrano quasi evocative di un ricordo, immagini con quella sospensione che si adagia ancora, come sempre, sull’inquietudine dell’anima, su quell’ansia pacata e interrogante di chi guarda e vede, di chi guarda e non passa.
Le icone immobili in bianco e nero diventano un grande teatro in movimento per una rappresentazione nella quale gli immaginari dell’arte e della vita contemporanea si sovrappongono e si confondono, si attorcigliano, si scompongono e si fissano in una dimensione all’apparenza atemporale, dove viene messa in discussione qualsiasi appartenenza ad un preciso e razionale schema spazio/temporale.
Le fotografie ammalianti ed evocative, stravolgono i caratteri connotanti le identità dei soggetti, creando una sorta d’identità fittizia in continuo prodursi, in continuo divenire, invogliandoci a ripensare al significato del tempo, al nostro rapporto con esso e al senso stesso dell’eternità.
Queste foto diventano così testimonianza visiva di una ricerca, che ci ricorda che l’immagine ha il potere di rappresentare qualcosa che ci colpisce come immediatamente vera, esplicativa e rivelatrice, ma poi si giunge alla consapevolezza che, nel regno dell’arte, l’oggetto/soggetto sia sempre e soltanto un umile servitore della visione. Il progetto Alphabet si conclude con la presentazione del libro d’artista V2011, di Simone Bergantini, edito da Cura in tiratura limitata, nato dalle sinergie e dalla collaborazione tra la Fondazione Rocco Guglielmo e la galleria CO2, che ospiterà l’evento sabato 7 maggio 2011 alle ore 12, contestualmente allo svolgimento della fiera romana, The road to contemporary art.
Simone Bergantini – Alphabet
CO2 Contemporary Art
Via Piave, 66, 00187 Roma
Orario: da lunedì a venerdì ore 11 – 19; sabato 16 – 19
Ingresso: libero
Info: tel +39 0645471209 – fax +39 0645473415
sabato 7 maggio 2011 alle ore 12:00 presentazione del libro V2011
The Road to Contemporary Art
MACRO Testaccio, Roma
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