Dopo oltre vent’anni, al termine di un impegnativo lavoro di recupero, il Museo Centrale del Risorgimento riapre al vasto pubblico, per far rivivere uno dei periodi più emozionanti ed avvincenti del nostro Paese. Il Museo ha sede a Roma, presso il Vittoriano, il monumento inaugurato nel 1911 in onore del primo sovrano dell’Italia unificata, Vittorio Emanuele II di Savoia. Nel progetto iniziale era previsto anche un museo che avrebbe esposto tutte le testimonianze raccolte durante i moti risorgimentali. In realtà, negli anni successivi, esso venne aperto sporadicamente, in occasione di ricorrenze importanti, come ad esempio il centenario della nascita dello Stato italiano nel 1961 o recentemente, nel 1998, per i duecento anni del Tricolore. La riapertura definitiva del Museo Centrale del Risorgimento permetterà a tutti di ripercorrere attraverso cimeli, documenti, fotografie d’epoca e filmati storici, le tappe salienti della difficile e combattuta unificazione d’Italia, sino alla Prima Guerra Mondiale, in uno spazio architettonico che è esso stesso un monumento e dunque parte integrante del Museo. Il percorso espositivo si snoda in tre sezioni principali, in cui vengono affrontate tematiche diverse secondo un andamento cronologico, come la satira politica, i cimeli e le medaglie. Ad accogliere il visitatore sono alcuni tra i protagonisti del Risorgimento italiano: Camillo Benso conte di Cavour, Mazzini e Giuseppe Garibaldi. Di quest’ultimo si potrà ammirare uno splendido ritratto, eseguito da Tranquillo Cremona a carboncino su tela di juta, accanto ai pantaloni da lui indossati durante lo sbarco a Marsala e la guerra di Sicilia, mentre tra stampe e litografie che arricchiscono lo spazio dedicato a Mazzini, sono i suoi occhiali e lettere autografe. Superato l’ampio salone in cui trovano spazio le grandi individualità, una lunga galleria, intervallata da imponenti busti di personalità dell’epoca, ci conduce ed illustra le diverse sezioni incentrate sulle principali tappe delle lotte risorgimentali: dalla Restaurazione, alla caduta di Napoleone, sino al 1848, per concludere con il 1870, anno che segna il ricongiungimento di Roma all’Italia. Le tematiche qui affrontate vengono rese ancor più vive da testimonianze di grande interesse come l’Album di fotografie che Alessandro Pavia riunì, con i ritratti di Garibaldi e dei suoi Mille o la camicia rossa di un garibaldino, figura che si affermò nell’immaginario ottocentesco nell’arte e nella letteratura, divenendo quasi un simbolo degli ideali di libertà e indipendenza. Ampio spazio viene dato alla figura di Giuseppe Garibaldi, di cui si sono conservati numerosi cimeli e testimonianze. Tra queste spicca la barella in legno usata per soccorrere “l’eroe dei due mondi” ferito sull’Aspromonte nel 1862, accanto al suo stivale forato dalla pallottola o una lettera dello stesso indirizzata ad Anita. Tra i dipinti spiccano invece una serie di piccoli quadri con “Scene di battaglia” realizzate da Girolamo Induno ed altre tele presentate nel 1934-35 al Concorso Medaglie d’Oro. Nell’ultimo salone si apre lo spazio interamente dedicato alla Prima Guerra Mondiale, rivissuta drammaticamente attraverso fotografie d’epoca e toccanti immagini dei pittori-soldato che hanno fissato sulla carta i momenti più difficili, come personali diari di guerra. Nel centro della sala domina l’affusto di cannone sul quale nel 1921 venne trasportata la salma del Milite Ignoto da Aquileia verso Roma. E’ un momento altamente simbolico, poiché un soldato senza nome diventa l’esempio di tutti coloro che, difendendo la patria, avevano perso la vita sul fronte, rimanendo senza una degna sepoltura. A rendere ancora più suggestiva e allo stesso tempo drammatica l’atmosfera dell’ultima sezione sono le video-installazioni che rielaborano le immagini del film/documento “Gloria”, realizzato nel 1934 dall’Istituto Luce con il materiale raccolto dai cine-operatori dell’esercito, durante la “grande guerra”. Sono immagini che suscitano forti emozioni, rievocando in maniera ancora più vera e completa le imprese dell’esercito durante la guerra.
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