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La Dama con liocorno svela i suoi segreti

di - 23 Ottobre 2000

Non fu Raffaello a concludere la “Dama con liocorno“.
Il 2 ottobre scorso è stato presentato alla Galleria Borghese di Roma il CD ROM “La dama con liocorno: scheda clinica “, che illustra anni di indagini storico artistiche e scientifiche che hanno finalmente fatto luce sugli enigmi del famoso dipinto di Raffaello.
Attraverso complessi esami scientifici è stato possibile scoprire le successive fasi di elaborazione dell’opera, svelando che Raffaello non ebbe mai modo di terminarla, mentre altri pittori vi aggiunsero particolari non previsti nel progetto originario.
Gli esami riflettografici* hanno permesso di valutare il disegno eseguito da Raffaello, consentendo di ascrivere l’opera al periodo fiorentino dell’artista (1504-1506), quando il pittore ricercava nei suoi ritratti una penetrazione psicologica sollecitata dall’ammirazione per le opere di Leonardo.
Ante-restauro, 1935
La “Dama con liocorno” dovette essere commissionata in occasione di un matrimonio, come accadeva spesso nel medioevo e nel rinascimento. Raffaello non la portò mai a termine, forse per la morte di uno dei contraenti del matrimonio o semplicemente perché lasciò definitivamente Firenze nel 1506, per trasferirsi a Roma.
Furono allora altri pittori a completare il ritratto della bella dama
Lo stile di alcuni particolari farebbe pensare alla mano di Giovanni Antonio Sogliani (un allievo di Lorenzo di Credi). Forse a lui si deve attribuire l’inserzione della figura di un cagnolino che si trova dipinta sotto l’odierno unicorno. Dunque in un primo momento fu eseguito un piccolo cagnolino, simbolo di fedeltà e dunque adeguato al tema del matrimonio, sostituito successivamente da un liocorno, simbolo di purezza e castità.
Le analisi a raggi infrarossi hanno permettono anche di valutare i ripensamenti di Raffaello: il disegno originario prevedeva una capigliatura meno voluminosa, una diversa esecuzione della bocca e del naso, oltre che delle spalle, che apparivano più strette.
Tra la fine del 500 e l’inizio del ‘600 l’opera subì poi una vistosa alterazione poiché la dama venne trasformata in una Santa Caterina d’Alessandria: furono aggiunti i particolari della ruota, simbolo del martirio e del manto sulle spalle della donna.
Nel 1935, durante un intervento di restauro piuttosto discutibile, queste parti vennero eliminate e il dipinto tornò ad essere il ritratto di donna che oggi vediamo. In quell’occasione l’opera venne anche tolta dal suo originale supporto ligneo, incollata ad una tela e trasportata sopra una nuova tavola.
Questo intervento dovette arrecare non pochi danni al dipinto tanto che nel 1959 fu eseguito un nuovo intervento ad opera dell’Istituto Centrale di Restauro di Roma.
Recentemente sono stati eseguiti anche dei prelievi di colore che hanno permesso di fare luce sulla prassi pittorica di Raffello e di distinguere le parti non sue: oltre a quelle già ricordate si deve aggiungere anche la parte delle maniche dell’abito che non sembra essere opera del maestro di Urbino.

Tutte queste analisi, insieme alla storia dell’elaborazione dell’opra sono visibili sul sito www.beniculturali.it oltre che nel CD Rom presentato il 2 ottobre alla Galleria Borghese.
Quest’ultimo si inserisce in un progetto che prevede la schedatura digitale di tutte le opere del museo romano nell’intenzione di rendere facilmente consultabili, per restauratori e storici dell’arte, i risultati ottenuti dalle ricerche su singole opere.


*La riflettografia è un’analisi eseguita con l’utilizzo dei raggi infrarossi.

angiola setti

[exibart]

Visualizza commenti

  • Sig. Sifani,

    si parla di UN'opera, l'opera è quella, che voleva le foto della Gioconda a corredo?

  • le tre foto sono identiche?
    io vedo:
    foto 1 viso a colori
    foto 2 1/2 busto e mani b/n
    foto 3 1/2 busto e mani che reggono un animale colori
    ciao

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